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CRITICA

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La critica sembra uno dei passatempi più divertenti di sempre, intramontabili, universali ed h24. Mi riferisco naturalmente all’attitudine ancestrale, endemica di dire la propria sull’operato degli altri in ogni situazione: ma questo sarebbe il male minore ove rapportato a quella manifestata dagli intolleranti, dagli esagitati delle curve degli stadi, da buona parte del popolo dei social, dagli estremisti, dai violenti, che non si limitano al rimbrotto più o meno manifesto ma lo accompagnano con i fatti! Come si capisce, il riferimento è alla critica spicciola, quella che riguarda il comportamento umano nella vita quotidiana, ma non di rado, grazie ad ignoranza e spocchiosità, raggiunge il top spingendosi temerariamente fino ad interessarsi di campi specialistici (tecnici, culturali, artistici ecc.) . Non ne sarebbero esenti nemmeno i santi, se esistessero, mentre i grandi uomini sorvolano o dissimulano. Infatti saggezza suggerirebbe di tenere sempre a mente -che chi la vuole cotta e chi la vuole cruda vale per noi ma anche per gli altri; -che una qualsivoglia azione è eseguita per piacere o per dovere o per convenienza o per necessità (vedere argomento dna) e, conseguentemente, purché non arrechi disturbo al prossimo, avrebbe titolo forse a giudizi silenziosi piuttosto che a critiche  avventate quando non velenose.

Spesso la critica si scatena in compagnia degli amici; sarà cioè finalizzata ad amplificare il relax del momento condiviso, insomma un modo come tanti di trascorrere allegramente il tempo.

Ma c’è anche la critica bonaria, quella a livello di simpatico sfottò o quella finalizzata all’aiuto dell’amico. Infatti, a volte un problema è più facilmente risolvibile da chi lo analizza dall’esterno, perché più freddo ed obbiettivo di chi personalmente lo patisce o da chi può vantare maggiore esperienza sull’argomento. Ma a volte no, e questo perché: un problema è vissuto da ciascuno in base al proprio carattere, alle proprie priorità, alle contingenze, elementi tutti che ne determinano il comportamento. Lo sciupafemmine tirchio che dice all’amico, lasciato dall’unica donna della sua vita,  “dai non ci pensare, chiusa una porta si apre un portone”: non sarà capito o forse non sarà neanche ascoltato. Lo stesso accade se è quest’ultimo a dire al primo “dai non pensare alla perdita del portafoglio; hai tanti di quei soldi!” Altri esempi esplicativi: A ha un patrimonio di 100 ma problemi congiunturali gli fanno perdere 150. B ha un patrimonio di 300 ma analoghi problemi gli determinano perdite per 200. Vista dall’esterno appare più grave la situazione di A. Quindi, se B critica A ritenendolo non avere titolo a lamentarsi visto che lui ha perso di più, dimostra tutto il suo essere ego2; se invece A prova a confortare B dà prova di sensibilità, di essere un ego1, di essere un grande. Aggiungo: se B si stupisce, ma poi capisce l’atteggiamento di A, alla fine lo apprezzerà, se al contrario mantiene la propria critica conferma oltre ogni dubbio di essere re di infantilismo, un ego2 doc. Altro esempio: A e B, sempre a parità di altre condizioni, subiscono un dolore fisico; pur se A ha più titolo a lamentarsi perché  il suo dolore è effettivamente più intenso, potrebbe accadere che a lamentarsi sia B se per esempio per lui è la prima volta (quindi al dolore si somma la paura che si innesca di fronte a ciò che non si conosce) o semplicemente perché ha una sensibilità dolorifica superiore ad A. E’ negativo che A prenda in giro B. Anche se non si capisce ma si vuole essere veramente d’aiuto, è preferibile confortare.

Ovviamente il principio non è applicabile ai gusti personali: quelli sono inviolabili, non negoziabili. Ci si può stupire quanto si vuole sui gusti degli altri, ma questi fanno parte della diversità umana che ci distingue dagli automi. Aggiungo, per quanto riguarda me e chi si ritrova in una simile “sfortunata” situazione, di avere cioè particolari esigenze in molti campi, non solo artistici, la qual cosa non di rado può innescare forme di invidia verso chi è interessato alla scoperta di  tutto e riesce ad apprezzare…tutto senza pretese né problemi.

Il tema può collegarsi anche agli argomenti “Riflessioni” , “Predisposizione alle malattie” laddove si accenna alla scala del dolore, e “Rispetto”. Buonsenso e sensibilità suggerirebbero invece, prima di giudicare, criticare, suggerire, di rispettare il seguente principio fondamentale: Nei consigli da regalare agli amici: a parità di altre condizioni, come ad esempio età, sensibilità e scala algometrica,  esprimiamoci solo se possiamo vantare una situazione personale, pregressa o attuale, simile o svantaggiata rispetto a quella dellamico. Nella critica: le variabili in gioco sono così numerose ( scala algometrica, età, contesto, sensibilità, ego, intelligenza, cultura, scala delle priorità personali ecc. ) che solo un potente computer che elabori un raffinato algoritmo ci potrebbe fornire in tempo reale l’ok a farla… cioè mai!

Ricordo che si sta dissertando sulla critica di tutti i giorni tra very normal people, diversamente ognuno ha il diritto ed il dovere di critica su tutti i comportamenti che nuocciano alla comunità.

Invito ad immaginare situazioni o a pensare a tutte quelle vissute per convincersi della reale importanza e perenne attualità del chi la vuole cotta e chi la vuole cruda.
Per quanto esposto l’ovvia conclusione è che: se farlo ci diverte o ci rilassa o ci ricarica di nuova stima  giudichiamo finché ci piace; se invece vogliamo essere propositivi facciamolo solo se siamo capaci di capire di essere in grado di farlo ed a ragion veduta. Purtroppo non tutti disponiamo di auto critica e di auto controllo! Ed oggi, con i social, il problema è esponenzialmente elevato .

I social meritano un’attenzione in più. Personalmente li paragono all’atomica: entrambi rappresentativi  dell’evoluzione del genio umano, entrambi produttori di effetti benefici o nefasti. Gli effetti positivi sono risaputi, un poco meno lo sono quelli negativi. Tentiamo di rammentarne un paio. I social hanno soppiantato le forme di pubblicità e le tecniche del marketing tradizionali con tecniche più raffinate e quindi insidiose; merito questo di approfonditi studi la cui attuazione è affidata ai così detti influencers o youtubers. Ma le tecniche di persuasione non si limitano ai prodotti commerciali, cosa di per se dannosa, va ben oltre estendendosi alle attività professionali, a quelle artigianali ecc. fino ad arrivare alla politica, tal che un giorno ci troveremo a votare per qualcuno che neanche conosciamo ma che, sul web, viene presentato come il top. Un altro elemento non meno negativo è la possibilità a chiunque di dire la propria, come è normale e giusto sotto le regole democratiche: la differenza con il mondo reale è che, se non vogliamo imbatterci in problemi di sicurezza, eviteremo di frequentare quartieri malfamati; se non desideriamo proprio sentire stronzate o ricevere provocazioni eviteremo i luoghi pubblici famigerati. Sul web? Scordiamocelo. Chi vi è incappato si è presto reso conto di quanta ignoranza, presunzione, arroganza, stupidità ecc., prima sconosciute perché circoscritte nei propri ambiti, si siano riversate sul web ad opera di tanti goduriosi inconsapevoli portatori  sani(?) passati così dall’irrilevanza sociale e culturale a guru, a imam del Nulla Assoluto. La loro rieducazione? Roba da masochisti o da sostenitori del donchisciottismo.

La concezione del social era probabilmente, e ingenuamente o cristianamente, venuta agli ideatori con l’intento di avvicinare i popoli di questo mondo, divenuto ogni giorno più grande e sfuggente, semplicemente mettendo in vetrina proprio tutto della propria vita, interessi, amori, amicizie ecc. come nei reality, cosi da conseguire  il sospirato superiore obbiettivo del volemese bene tutti! Pia illusione. Per stessa ammissione degli stessi ideatori!

Mi pare appropriato “calare” dentro il presente argomento anche la critica da presunzione, così da me coniata e riguardante la sufficienza indossata da tutti coloro che  sono a ragione, o si ritengono a torto, colti su un argomento e rivolta ai non colti. Mi spiego con degli esempi.

C’è una parte politica che da tempo si è appropriata della cultura, ritiene cioè, forse sulla base di tanti letterati ideologizzati anche del passato, di essere depositaria dell’istruzione, dell’erudizione, del sapere. Conseguentemente gran parte dei suoi adepti o quantomeno l’elite viaggia costantemente “sollevata” da terra. I miei rilievi nel merito sono: 1) il termine cultura (così come l’intelligenza e in genere la superiorità) è troppo vasto e vago perché il suo aggettivo -colto- ed ancor meno l’appellativo di “grande” o “superiore” sia attribuibile a qualcuno: specialmente oggi è impensabile che una persona sia un Leonardo, un mostro di sapere in tutti i campi dello scibile umano, perciò la sua ostentata sufficienza per me rimane ingiustificata,  dimostra solo boria e mi fa sorridere. Uno Sgarbi sarà un “mostro” nell’arte, ma forse un “sottosviluppato” nelle lingue, in fisica, in una miriade di altri campi; 2) il colto di turno, diciamo in letteratura o filosofia o psicologia ecc., sbaglia quando, ritenendosi depositario delle verità assolute, ascolta con sorriso ironico l’esternazione del “non colto” ancor più se si tratta di avversario politico; 3) il colto infine deve avere la fortuna di possedere memoria elefantiaca per tenere a mente il suo sapere, sciorinandolo al momento opportuno, ma potrà  oggettivamente essere meno colto di chi lo è effettivamente ma privo di analoga fortuna. In conclusione giustifico la sufficienza indossata da certi “colti” meno di quella di tanti ignoranti.

C’è una parte politica, e non solo, ma sempre della serie del politicamente corretto,  che, schiava della galoppante ideologia progressista volta alla conquista di chissà quale civiltà, si ritiene elite e sembra abbia conseguito la laurea su un nuovo indirizzo universitario, una neo lingua, con cui si acquisisce la perfetta definizione di persone e cose, di cosa si possa dire e cosa no sui diversi, sulle minoranze ecc, al fine di non arrecare loro alcun patema d’animo, di non disturbarne la sensibilità, anzi di metterli a loro agio anche rinunciando a qualcosa di proprio. Insomma un’acquisizione di progressismo ipocrita, di presunta superiorità antropologica. In un museo di Amsterdam sembra che abbiano deciso di cambiare il nome sui quadri recanti la parola “negro” perché discriminatoria.  A Konrad Lorenz sembra che un’università abbia revocato post mortem la laurea honoris causa, assegnatagli a suo tempo, per il suo passato nazista! Alcuni sommi letterati del passato avrebbero d’incanto perduto valore e celebrità perché i nuovi inquisitori, cresciuti negli ultimi tempi come funghi in ambito letterario e artistico, nella loro dotta indagine revisionistica delle opere dei citati personaggi, ne hanno rilevato irriverenze verso le attualissime tendenze su genere, minoranze, migranti, sesso, disabili, ebrei, neri, omosex ecc. Ora è chiaro, a chiunque disponga di un cervello normale, che la grandezza di un Leonardo, un Dante, uno Shakespeare ecc. rimane immutata quale che siano stati gli aspetti fisici o i comportamenti o le idee dei protagonisti, grandezza che non può svanire  certo perché qualcuno, insignificante rispetto ai sommi, si permette di giudicare. Solo loro non rimangono basiti! E’ una evidente offesa all’intelligenza ma, alla stessa stregua di come tanti politici tengono i discorsi, ritengo che lor signori non vogliano offendere nessuno ma piuttosto ritengano minus habens chi li ascolta.

Invito, per sorridere un pò,  alla lettura dell’articolo del giornalista Renato Besana riportato sul sito  https://www.pressreader.com/italy/libero/20160909/281530815472206 .

Cala a fagiolo anche uno dei più espressivi aforismi di Stanislaw Lec “Rifletti prima di pensare”.

Anche una rilettura dell’argomento “Buonismo” è indicata.

v. LIBRO

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