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POLITICA

politica

Della politica si può dare la definizione: l’arte del governo dello Stato, difatti il termine deriva dal greco polis ovvero città. Pertanto essa possiede una nobiltà sconfinata ma, come è noto, c’è chi raramente la esercita bene, con tatto, con lealtà e dedizione per la propria gente, con l’equilibrio necessario, tanto da rimanere nella storia del paese come illustre statista e c’è chi, al contrario, sarà ricordato a causa dei propri errori, tornaconti, ruberie. La stragrande maggioranza si colloca in mezzo. La politica affascina, per il potere, per il denaro, per le amicizie.

La politica è arte del tutto possibile, l’arte nell’addossare colpe e responsabilità agli altri, nel trasformare in meriti i propri errori, ma anche nell’infarcire i propri discorsi su temi sensibili di quella retorica che fa presa ed ipnotizza le masse più superficiali (leggi populismo, termine che non mi entusiasma ma che riporto perché compreso ai più), nel promettere cose che si sa o non si sa se si potranno mantenere, l’arte del compromesso, di parlare a propria insaputa, ma è anche l’arte della diplomazia e dell’equilibrio. Ci si può entrare per aspirazione, per “eredità”, per opportunismo o per sete di potere. Di certo non è una scienza, né tantomeno esatta.

unnamedPer spiegare meglio come la vedo facciamo un passo indietro e ricolleghiamoci ai capitoli ”dna” ed “egoismo”. Il bambino, con il suo bagaglio da dna, mixato con il contesto ambientale, diventa uomo. Trova una collocazione nella società, diventa medico, ingegnere, operaio… politico: ma prima di tutto rimane uomo, con i suoi pregi e difetti, carattere e personalità che non possono essere avulsi con un clic nei momenti in cui esplica qualsiasi sua attività compreso quella lavorativa. Chi fa politica (per eredità/tradizione familiare, perché è impregnato di forti ideologie, perché può contare su un discreto bacino elettorale, perché ritiene di possedere le caratteristiche giuste, per caso, per convenienza ecc.) è sempre un uomo, quindi la sua scelta sarà compiuta sulla base del suo egoismo e della sua sensibilità. Se è un ego di tipo 1 ed è dotato di sensibilità 3 verosimilmente, agirà nell’interesse degli elettori ed in ossequio al suo mandato, rendiconterà costantemente sul suo operato, rispetterà gli avversari politici; e ciò indipendentemente dalla collocazione politica: caso rarissimo! In caso di ego 2 e sensibilità 1? Opportunismo, presunzione, potere, denaro, amicizie incolleranno inevitabilmente il nostro alla sedia conquistata e, finché non vi sarà obbligo di vincolo di mandato, lo vedremo sfarfallare da un partito a quello opposto pur di ottenerne vantaggi!  Purtroppo l’impressione che se ne ricava dai comportamenti di tanti parlamentari e dalle loro esternazioni ai media sono tutt’altro che edificanti: offese, ingiurie, colpevolizzazioni, dispetti tra persone che è eufemistico definire poco cresciute, sputtanamenti, doppiogiochismi (quando in pubblico si dichiara una cosa e sotto banco se ne decide un’altra), dichiarazioni che a mente normale suonerebbero, perché palesemente demagogiche, offensive, tranne ai fans con paraocchi e paraorecchie, ai creduloni, agli ignoranti ed agli intellettualmente disattenti.
La lotta politica dovrebbe essere fair, corretta, rispettosa degli avversari anche e soprattutto dopo una vittoria!!!

Siamo consapevoli che la politica, si voglia o no, è sempre presente nella realtà quotidiana. La storia e le esperienze personali di ognuno non possono non indurre comunque ad alcune puntualizzazioni, divenute personalmente convinzioni consolidate.

Entrando in politica, anche la persona più integra e più sinceramente convinta di volersi sacrificare per il bene del suo paese sarà inevitabilmente fagocitata dal sistema, non potrà non farsi coinvolgere in fatti o situazioni più o meno rischiosi, in affari, compromessi o scambi spesso poco edificanti. Generalizzerò ma tutti i professionisti seri da me conosciuti, che si sono dati alla politica per vera convinzione di poter contribuire al miglioramento del sistema, l’hanno ben presto abbandonata ritornando alla propria attività.

E’ pure certo che fare politica seria, onesta, retta e consapevole non è per nulla semplice: implica, oltre alla dedizione totale, anche alte doti di equilibrio, di equilibrismo oltre che di conoscenza a 360° della macchina legislativa e burocratica e naturalmente capacità di non farsi coinvolgere in squallidi compromessi.

Cos’è Il sistema? Esso è rappresentato da tutti i soggetti che da sempre operano attorno alla politica: i ministeri, i vecchi politici, gli affaristi, gli imprenditori, gli enti pubblici e privati, gli istituti finanziari e bancari. La persona veramente integra non ha scampo: se vuole rimanere se stessa o è capace di imporre la propria personalità e cambiare le cose, in meglio, oppure avrebbe una sola scelta, quella di dimettersi. Non si è a conoscenza di siffatti casi. Anzi, mentre in altri paesi, a seguito di sconfitta elettorale o di scandali è facile che l’interessato si dimetta, con dimostrazione di realismo e grande dignità, da noi ?…lasciamo perdere. L’amara conclusione che se ne trae è che i politici, di qualsivoglia orientamento, pur nel riconoscimento e nel rispetto delle singole personalità, culture, esperienze, integrità morali ecc., alla fine appaiono tutti uguali ai nostri occhi.

La mancanza di onestà politica di cui si è detto passa inosservata al cittadino ignorante, incurante, incosciente, assuefatto mentre quello consapevole e preparato non può che rimanere impotente, ma nella viva speranza di un  cambio generazionale e culturale dei suoi rappresentanti.

Uno Stato serio, che vuole essere rispettato dai suoi cittadini, deve meritarlo rispettando i cittadini. Come deve farlo? Evidentemente con la politica e quindi con i provvedimenti che il governo emana. Ma le leggi non sono come le leggi divine per i credenti, sono condivisibili o meno, sebbene obbligatorie e quindi da accettare. Questo, naturalmente fintantoché non arrivino alla vessazione, non raggiungano un limite di rottura tali da indurre il popolo alla disobbedienza civile se non ad una rivoluzione vera e propria contro quello che i governanti consapevolmente o meno abbiano trasformato in dispotismo. Quindi sarebbe opportuno e logico che ogni legge trovasse accoglimento presso il più ampio strato della popolazione, fosse cioè frutto del più comune sentire. Purtroppo non è così! I motivi: 1) Il governo in carica, qualsiasi forma abbia, non può essere mai espressione del 100% della volontà popolare. Non lo è il governo popolare e forte, tanto meno lo è il governo frutto dell’unione di più partiti politici che rappresentano a stento il 50% dell’elettorato; 2) Qualsiasi partito o gruppo espressione di una coalizione raramente ha una posizione unanime, considerata la coesistenza al suo interno di più anime; 3) Tanti provvedimenti sono frutto di scontri ufficiali e non, di compromessi, ufficiali e non, di mediazioni forzate e ridicole, per cui alla fine non riescono a rappresentare né soddisfare la totalità dei suoi componenti, figurarsi l’elettorato!

E allora? In passato, nei diversi periodi e nelle situazioni politiche e religiose locali, sono state sperimentate diverse forme di governo. Anche oggi non si scherza: si passa dalla dittatura, alla monarchia, alla democrazia nelle sue declinazioni più note di tipo presidenziale come in USA, semipresidenziale alla francese e parlamentare tipo italiano. Ogni forma di governo ha i suoi pro e i suoi contro. In realtà il governo perfetto non esiste. Russeau diceva che la migliore forma di governo sarebbe la democrazia pura, nella quale il popolo riunito in un’assemblea formula le leggi, le fa eseguire e le interpreta; democrazia che non è mai esistita né potrà mai esistere, perché ci vorrebbe un popolo di dei e non di uomini. E’ da condividere appieno il punto di vista. Oggi, in realtà, l’assemblea potrebbe essere sostituita dal più veloce web, infatti, operando, almeno a monte del varo dei singoli provvedimenti più significativi, un’idonea informazione sui vari aspetti messi in rilievo da tutti i partiti politici, è chiaro che saremmo di fronte alla massima espressione della democrazia. Ma ricordiamoci che siamo esseri imperfetti! Saremmo sicuri che il voto non sarebbe viziato? Che tutti si interesserebbero alla cosa pubblica? Che anche gli incapaci di intendere e di volere, gli ignoranti, i drogati, gli alcolizzati, ecc. miracolosamente rinsavirebbero o non sarebbero piuttosto manipolati dai soliti portatori di interesse personale (lobbies, mafiosi ecc.)? Che la corposa percentuale di votanti ignorante e/o disinformata sarebbe in grado di capire le situazioni al di là dei lavaggi del cervello propinati da certi media? E poi lo strumento web ancora oggi non è diffuso globalmente e rimane sconosciuto a certe età; ove perfezionato e semplificato fornirebbe le garanzie richieste.

Precisiamo E’ certo che la persona eletta non esprime “qualitativamente”  i suoi elettori nel senso  della frequente assenza di idee. Infatti il medico o chiunque altro possieda un proprio bacino,  riceverà la maggior parte delle sue preferenze per meriti personali, per simpatia o stima, non certo per le sue idee. Altri erediteranno i consensi perché figli di ex potentati locali ecc. ecc.ecc. Ma gli stessi votati per convinzione ideologica e per fedeltà al partito, che votano da sempre, non sono rappresentativi dei loro elettori ( ad esempio un ex comunista può anche essere un cattolico professante e ad esempio in legiferazioni che hanno attinenza con la chiesa quanta parte dell’elettorato deluderà?). E’ certo , come detto prima, che  un governo, formato non da una compagine compatta, seria e motivata, ma da un’accozzaglia di partitini eterogenei, o componenti eterogenee del medesimo partito, ha una probabile rappresentatività, per dirla ottimisticamente in matematica, pari al prodotto delle probabili rappresentatività prese singolarmente (se ad esempio le parti fossero due e ciascuno col 50%, la probabilità finale sarebbe del 25%!). E’ certo inoltre che il sistema è imperfetto a) per i privilegi concessi ad ogni livello a politici operativi, politicanti e portaborse; si passerà per radicali o idealisti ma chi ha in animo di governare per un ideale e per il bene del paese dovrebbe farlo quasi totalmente a sue spese, salvo ad agganciarne gli emolumenti ad esempio alla crescita del pil o alla riduzione del debito pubblico prodotti dalle sue manovre! b) perché l’impianto elettorale o i meccanismi delle nomine non sono rappresentativi della volontà e della sovranità popolare; ci si riferisce ad esempio a tutte le nomine istituzionali, a cominciare dal presidente della repubblica a finire ai consiglieri di comunità montane e di enti riconducibili alla politica. Alla fine un governo così composto non completerà il proprio mandato o varerà norme e adotterà provvedimenti, a dirlo eufemisticamente, originali perché frutto di mediazioni esasperate. Ciò indipendentemente dal programma annunciato. La causa discende dalla triste considerazione che la vita del governo sarà condizionata esclusivamente dal buon esito degli scambi tra i singoli componenti o tra i partiti componenti il governo. Governo di qualsivoglia orientamento!

Ma, per quanto espresso, la responsabilità è condivisa da elettori ed eletti!

Io la vedo così. Non è sogno ma solida realtà, come da pubblicità televisiva, l’operazione è fattibilissima subito, basta volerlo. Hanno cominciato i grillini a richiedere un nuovo tipo di partecipazione democratica, seppur in modo poco professionale. Occorre affinare tale metodologia. Ogni single o famiglia uni residente abbia in dotazione un terminale con cui connettersi via elettrica col governo mediante il proprio codice fiscale o altro codice identificativo per esprimere il proprio parere su tematiche esposte attraverso quesiti semplici e non tendenziosi. Le tematiche potrebbero essere ad esempio quelle delle 5 esse (non 5 stelle): sanità, scuola, sicurezza, socialità, soldi, oltre alle infrastrutture locali ed i migranti, senza toccare le materie strettamente di pertinenza del governo come ad esempio la sicurezza interna, la giustizia, la politica estera, gli investimenti, le incentivazioni ed agevolazioni, l’industria ecc. Comunque il governo per i casi ritenuti sensibili terrebbe una finestra aperta, che il popolo quotidianamente potesse consultare per rendersi conto degli interventi in cantiere e delle spese statali!!! Se invece il governo fosse espressione di almeno il 90% del popolo acquisirebbe titolo ad agire direttamente in nome e per conto del popolo (chi fa parte del 10% restante se ne farebbe una ragione); se non lo fosse (se ad esempio rappresentasse il 40%, troverei intollerabile l’imposizione di disposizioni-esempio migranti ed altri- su cui magari il 60% rimanente e forse più fosse contrario). Rimane comunque un MA, grosso quanto una casa. Gli aventi diritto al voto formano il così detto elettorato, ma l’elettorato attivo, quello cioè più impegnato ed interessato, spesso non raggiunge il 50%. Di questo una parte è ideologicamente indirizzata, una parte manovrata, una parte voterà con la pancia, una parte è l’aberrante risposta dei social. Di tale mix quanta parte può dirsi veramente consapevole, informata, colta? La domanda è solo apparentemente banale: lo si evince quotidianamente dalle dichiarazioni dei politici, che sistematicamente stimolano a chiederci se ci sono o ci fanno.. e concludo che ci fanno, nel senso che i politici giocano fondamentalmente sull’ignoranza della gente. Il MA può risolversi esclusivamente previo  massiccio acculturamento politico e sociale della popolazione, provvedimento che avvierei senza esitare anche per la formazione ed abilitazione dei concorrenti alla politica.  Non so perché ma politici abilitati e popolo preparato mi danno più garanzie!
Comunque la finestra permanente che consentisse la partecipazione diretta e continua della gente la trovo strategica sia ai fini dell’avvicinamento del popolo alla politica sia ai fini della maturazione dell’elettorato stesso.

Che avete detto? Troppa democrazia? Ho capito mi avete preso per matto, lo merito!

Simpaticamente richiamo la frase di Winston Churchill secondo cui la migliore democrazia si ha quando a governare sono in due, uno dei quali è matto.

Nessun governo, né singolo politico, nemmeno nell’approssimarsi di nuove elezioni, quando, come è noto, è più bravo chi la spara più grossa con promesse improbabili e non si esime dall’esporre la propria ricetta per salvare la nazione, ha fatto mai riferimento al vero cancro dello stato: LA SPESA PUBBLICA, e quando lo ha fatto non ha mai spiegato i particolari dell’operazione. Il motivo vero? E’ cosciente che non può promettere ciò che sa bene non potrà mai mantenere. Bisogna essere consapevoli infatti che rilevantissime sono le spese inutili dello stato, quelle rappresentate dai mega emolumenti elargiti ai parlamentari ed a talune dirigenze statali e parastatali, dalle consulenze milionarie, dalle spese dovute alle amministrazioni doppione, dalla mancata omogeneizzazione della spesa sanitaria, dalla esistenza di una miriade di enti inutili e parassiti (stimata dal codacons in almeno 500 per un costo annuo di circa 10 miliardi, ma secondo gli stessi ministeri economici in oltre 10.000) ecc., si lascia a chi è interessato di approfondire e sbigottirsi. Il governo, o se si vuole, il premier più sano e attivo, sa bene che la riduzione di tale immensa spesa non può essere operata in mancanza della quasi unanimità e condivisione del parlamento ovvero di tutto l’arco politico e delle lobbies coinvolte o almeno della maggioranza … cioè MAI. Ma un premier che avesse il coraggio di farlo, che fosse decisionista, temerario e convincente da coinvolgere con entusiasmo la maggioranza senza timore di perdere le poltrone… credo proprio di si.

Se c’è qualcuno così candido che pensa ancora alla realizzabilità di tale intervento e che i politici rinuncerebbero ai propri privilegi, interessi, connivenze, amicizie, comparati, intrecci vari, ecc. , mi complimento con lui, ma ne approfitto e lo invito, appena avrà finito di giocare a palla prigioniera, di salutarmi babbo natale.

La lettura forzata del Principe di Machiavelli propinata a tutti i politicanti sortirebbe effetti benefici o li farebbe riflettere sulla definizione che la politica non è fatta di ideali ma di fini?  Una volta si diceva : il comandare è meglio del fottere;  amplierei il concetto con il potere soddisfa più del fottere.

Mi auguro di non essere accusato di geremiade, ma di semplice, umana incapacità di contenere il naturale, inevitabile sfogo di cittadino medio e di essere creduto se cordialmente confesso di odiare i gufi, i menagrami, di dovermi lamentare e soprattutto di dire a posteriori “l’avevo detto!”, ma provo tanto avvilimento quando penso alle potenzialità  che ci rendono unici e che ci consentirebbero di posizionarci stabilmente tra i primi cinque paesi più potenti e industrializzati al mondo e con condizioni di vita ottimali (anziché per alcuni casi tra gli ultimi!)  se non dovessimo indignarci davanti a queste evidenze (tra tantissime, ne citiamo solo alcune per non infierire troppo e per non costringerci a scrivere un’enciclopedia; si tratta dei “difetti” della democrazia, tra le migliori forme di governo che conosciamo, che se eliminati o ridotti consentirebbero un ottimale livello di vita):

1) quando si legge di politicanti colti con le mani nel sacco o fortemente indagati per corruzione (pecunia non olet dicevano i latini: il denaro non odora), truffe, associazione a delinquere e via dicendo, molti dei quali tra l’altro riescono pure a farla franca

2) quando l’eccessivo ed incosciente buonismo di certi governi obbliga di accogliere continuamente migliaia di migranti. Come non indignarsi essendo risaputo che:

a) molti di loro sono portatori di malattie infettive come colera, tbc, sars, ebola, hiv ecc. senza che dalle autorità preposte vengano attuate idonee misure di prevenzione

b) costa al nostro paese, con gli attuali flussi, circa 40 milioni di euro al mese e 25.000 euro per ogni rimpatrio; intanto non si trovano i soldi per pagare le indennità accessorie ai nostri marinai che li soccorrono

c) provoca lo scoppio dei centri di accoglienza, dai quali sistematicamente parecchi fuggono. Al momento che si scrive dati ministeriali riferiscono che sugli ultimi 170.000 arrivi ben100.000 risultano siano andati via, col celato assenso delle guardie poste a presidio delle strutture ospitanti, ed abbiano fatto perdere le proprie tracce. Questo, se da una parte può compiacere poiché evita di portare al collasso i centri di accoglienza, dall’altra parte però non può non allarmare. Il buon senso infatti induce a ritenere che, esclusa la minima parte della povera gente stanca di attendere i tempi della burocrazia italiana ed impaziente di ricongiungersi con parenti ed amici residenti in altri paesi dell’unione europea (gran parte della quale tuttavia, una volta partita, viene restituita al primo paese che l’ha accolta!), ci sia una parte che, nell’attesa di una più ottimale collocazione, trova il tempo di avanzare diritti e pretese, come permettersi di bloccare strade di grande traffico per rifiutare la sistemazione assegnata, esigere il wifi nelle camere ed una cucina diversa dall’italiana (infatti in quale altro paese potrebbero pretendere di più?); ci sia ancora una parte intollerante ad ogni forma di controllo e/o cosciente di potersela cavare autonomamente, che abbia preferito andare a delinquere (solo per citare i dati 2009, risulta che in Italia le violenze sessuali sono state poste in essere da stranieri nel 60% dei casi, stranieri che rappresentavano il 7% della popolazione!) o, nel migliore dei casi, andare ad incrementare le fila degli anonimi e di chi vive alla giornata solo arrecando un po’ di fastidio alla gente; ci sia infine una parte, seppur minima, di individui collegati all’estremismo islamico, che hanno benedetto il nostro governo per avere loro regalato l’opportunità di infiltrarsi tra le masse dei migranti e quindi agevolmente penetrare nel cuore dei paesi che vogliono occupare!

d) perpetua, complice il governo, l’arricchimento di scafisti e di mafie locali che notoriamente si spartiscono i fondi destinati ad operazioni come mare nostrum e simili. In realtà, mentre diverse inchieste giudiziarie continuano ad accertare che sui libri paga delle svariate cooperative che si sono accaparrate il business degli immigrati abbondano tantissimi politici e relativi parenti, si è pure verificato che lo scafismo rappresenta una delle tante forme di autofinanziamento dei terroristi.

e) favorisce l’ulteriore arricchimento delle mafie locali, le quali non si lasciano sfuggire l’occasione per reclutare a basso costo manovalanza varia che non ha nulla da perdere

f) incoraggia, per l’eccesso di permissivismo e di umanità, sempre più massicci sbarchi

g) ci rende indirettamente “complici” degli innumerevoli decessi per naufragio

3) quando si consentono scioperi e manifestazioni varie che, se va bene, provocano “solo” la paralisi del traffico stradale, disfunzioni di uffici, ritardi di consegne,  quando non atti di vandalismo vario, cariche contro la forza pubblica, feriti e a volte morti. Questo contravviene ad una dei primi requisiti del vivere civile: il rispetto reciproco. Ed i danni in termini di sicurezza fisica, materiali, di immagine valgono mille volte più che  il rispetto della (cattiva) democrazia. Ma al danno si aggiunge anche la beffa se solo rammentiamo come facinorosi, vandali e delinquenti non subiscano quasi mai condanne ed al contrario la polizia patisca un sistematico linciaggio ove mai provi a difendersi. Chissà chi o cosa impedisca di rimodulare le regole di ingaggio alle forze dell’ordine!? Chi o cosa impedisca di regolamentare seriamente ogni manifestazione, nei tempi, nei luoghi, nelle modalità? Si ovvi a questo problema evitandolo alla fonte: scioperi e manifestazioni siano consentiti esclusivamente sotto forma di sit-in ordinati, tali da non recare disagi alla cittadinanza, e comunque in numero limitato di partecipanti, nei tempi prescritti dalle prefetture e dinanzi all’organismo nei confronti del quale si intende manifestare oppure esclusivamente nei luoghi assegnati dalle autorità. In caso contrario si attivi il risarcimento forzoso di tutte le spese sopportate dallo stato, dal comune, da privati cittadini e dagli esercizi pubblici a carico dei manifestanti, una volta individuati e dell’organismo che ha indetto lo sciopero. Lo sciopero/la manifestazione sia un diritto, ma regolato seriamente, mai sovraordinato al rispetto della comunità! Dinnanzi all’evidenza dei vandalismi perpetrati non c’è altro commento da fare se non condannare senza se e senza ma l’operato dei dimostranti black block, centri sociali e quant’altro. L’atto insano o inconsulto di un esagitato o psicopatico, ubriaco o drogato o uno fortemente irato che “dissente” contro tav, grandi opere, capitalismo, politica, finanza, disoccupazione ecc., sfocianti in violenze di ogni genere non può e non deve MAI essere giustificato. Non esistono motivi di disagio sociale, di stato d’animo, di malessere, ancorché reali e poggianti su basi di validità, rappresentati violentemente che buonsenso, umanità o religiosità  possano giustificare , a meno di non considerare ad ogni effetto i protagonisti degli atti come ammalati, nella più ampia accezione del termine. Ma ciò non esimerebbe gli organi deputati dall’anticipare le mosse previste bloccando ed isolando i protagonisti. E qui si apre un abisso, soprattutto dopo la condanna della corte di Strasburgo per i fatti alla scuola Diaz di Genova, oltre che per l’incertezza delle leggi e per il decreto svuota carceri. Sindacati e forze dell’ordine sono unanimi nell’ammettere che il modus operandi è totalmente mutato e loro si sentono insofferenti, inutili, timorosi di possibili conseguenze fisiche e giudiziarie! Senza offesa per i sordomuti, penso che questa gentaglia sia sempre incazzata perchè, pur possedendo la parola  non ha nulla da dire !

4) quando si pensa ai sindacati, politicizzati, tornacontisti, carrieristi e rappresentanti di poche e specifiche categorie di lavoratori, il cui potere di condizionamento non è riuscito ad essere scalfito da una classe politica inetta. Chissà perché? E se raccontassi a qualche buon sindacalista che in un non recente film russo(sic!) un datore di lavoro, per stimolare un suo operaio, che ozia, ad alzare le chiappe e darsi una mossa, gli ricorda che lui non è mica un operaio italiano che si permette di scioperare, si indignerebbe o si compiacerebbe? Non ho dubbi a pensare che andrebbe subito a raccontarlo in giro con orgoglio! Il sindacato, come altri organismi, è prevalentemente un intreccio di interessi. Solo apparentemente fa gli interessi dei lavoratori (tra l’altro ormai solo alcune categorie) né tantomeno li supporta dal punto di vista legislativo, tributario ecc., se così fosse non andrebbe contro gli imprenditori ma opererebbe con questi fattivamente e non strumentalmente, per la ricerca delle soluzioni finalizzate sia all’ottimizzazione della redditività dell’impresa sia al miglioramento economico dei suoi rappresentati. Per caso sono gli imprenditori che assumono gli operai? Laddove è stata sperimentata la cogestione sindacale non mi risulta che i risultati siano stati negativi.

In tutti i casi è evidente che il sindacato ha perso contatto con la realtà e non è riuscito a tenere il passo con i tempi, anziché difendere lavoro e lavoratori continua a difendere sempre e comunque anche i non lavoratori.

Vale la pena di citare alcuni brani di un’intervista al proprietario della, forse prima, catena nazionale di supermercati.

Tralasciamo tutta la serie di difficoltà burocratiche, e non, incontrate negli anni per realizzare la sua attività. Il nostro citava tra l’altro la McKinsey, la più grande azienda mondiale di consulenza, la quale è solita riportare nelle conferenze l’esempio dei maestri d’ascia dell’Inghilterra, quelli che costruivano i velieri, i quali, nonostante fosse arrivato il vapore che gli portava sempre più via gli affari, continuavano a costruire velieri sempre a più alberi. Citava pure il caso di quegli operai, sostenuti dai sindacati(sic!) che avevano trascorso l’inverno sulle torri della stazione centrale di Milano perché loro volevano continuare a fare vagoni letto. Ed il caso (a proposito di caso sarebbe proprio il caso di fare una buona ricerca, e farci un libro, per riportare tutte le situazioni simili) del Sulcis. Il Sulcis è un territorio sardo dove 440 minatori insistono nel voler estrarre carbone, che forse non servirà mai. Bene, per mantenere questi operai un nostro governo ha trasferito il costo sulla bolletta elettrica fino al 2035! Tutti casi in cui è manifesta l’ottusità, vera o finta, di certi sindacati nel non volere o non essere capaci di individuare quando è giunta l’ora per l’azienda di cambiare e di innovare, prima che la stessa diventi improduttiva. Colgo l’occasione per citare anche le accise sui carburanti per la guerra in Abissinia del 1935, per la crisi di Suez del 1956, per il disastro del Vajont del 1963 e per l’alluvione di Firenze del 1966. Ma la cosa più simpatica è che quanto abbiamo forzatamente ed inconsapevolmente versato in circa 50 anni ,circa 140 miliardi di euro di accise per la ricostruzione delle zone terremotate di Belice, Irpinia, Marche, Molise, Abruzzo e Romagna, corrispondono al doppio di quanto lo Stato ha destinato effettivamente alle ricostruzioni!

Per non parlare dell’ostinazione sulla illicenziabilità dei lavoratori siano essi incapaci siano essi ladri (in questo complici anche certi giudici politicizzati). Per non parlare della perenne opposizione a qualsiasi forma di controllo sui lavoratori voluta dai datori di lavoro, confermando la perenne tendenza del sindacato a difendere i privilegi e non il merito. Così non si aiuta veramente il lavoratore, quello vero, quello serio! Facendo casino, organizzando cortei, paralizzando il traffico, creando problemi a molta più gente di quanta si crede di aiutare, provocando danni a terzi, pericolo per le forze dell’ordine, spese per lo Sato, ecc. per “sensibilizzare” governo ed opinione pubblica, si ottiene l’obbiettivo voluto e noto a tutti, che lo Stato (debole) si accolli gli oneri.

Sarà stato solo un caso che proprio tutti i dipendenti iscritti a sindacati, che personalmente ho avuto come collaboratori in tanti anni, erano proprio quelli che non lavoravano? Le tipologie di sindacalisti che ho avuto il dispiacere di avere come collaboratori sono tre: gli incapaci, quelli che avevano un secondo più remunerativo lavoro, quelli capaci ma che al lavoro preferivano la politica sindacale e non. Tutti accolti o imposti dagli amministratori di turno, di fatto aggravando le esistenti deficienze d’organico.

Si lascia ai più informati l’invito di entrare nel merito dei milioni di euro che i sindacati e loro ramificazioni si vedono stanziati dal governo, cioè dai contribuenti, o direttamente dagli iscritti, per il mantenimento di patronati ed altre invenzioni simili al quasi unico scopo di alimentare la mangiatoia comune, e denunciarne gli evidenti illeciti. Per inciso rammento che non sembra che i sindacati, segnatamente la cgil, abbiano mai esibito la propria contabilità.

Inoltre è pure noto che la cassa integrazione non è usata come ammortizzatore sociale temporaneo ma continuato ed i cassaintegrati, finalmente liberati dal dovere sottostare al “padrone”, non vedono motivo per non vivere più che bene alle spalle dello Stato, quindi di Pantalone, oltre che con i proventi del lavoro nero (con ulteriore beffa per i soliti fessi)! Qualcuno sa perché i cassaintegrati, in attesa della loro ri-stabilizzazione, non vengono ad esempio utilizzati per lo svolgimento di compiti di pubblica utilità o dislocati verso le amministrazioni pubbliche carenti di organico? Ed infine da quale sofisticata teoria economica scaturisce l’assunto sindacale che la retribuzione dei lavoratori ed il posto stesso debbano essere una variabile indipendente dai risultati aziendali?

5) quando si pensa a quei, speriamo pochi, magistrati che hanno travisato la loro missione, politicizzati, tornacontisti e carrieristi come e più di altre categorie professionali, il cui potere cresce in modo direttamente proporzionale alla incapacità delle istituzioni a regolamentarne le funzioni, mediante la separazione delle carriere, ad istituirne la dovuta responsabilità civile , non solo per gli errori commessi, ma anche in relazione alla quantità e qualità del lavoro svolto. A valido supporto dell’argomento si riportano in virgolettato alcune pregnanti considerazioni di un ex procuratore generale della Cassazione a seguito della ennesima resistenza dei magistrati all’istituzione della responsabilità civile dei magistrati per colpa grave (A)”… occorre ribadire che non si tratta di una questione squisitamente politica ma di attuazione dell’art. 28 della Costituzione che prevede la responsabilità diretta dei pubblici funzionari per gli atti compiuti in violazione dei diritti… ma quello che è più sconcertante è che si ignori la sentenza 1968 della Corte costituzionale che.. stabilisce la portata dell’art.28… quello che meraviglia per quanto riguarda i giuristi è che non solo non si tiene conto di quanto prescritto dall’art.28 ma si risponde sempre genericamente senza tenere conto di un referendum e dei gravissimi danni che spesso si causano al cittadino e che la legge 117/88 in oltre un ventennio non ha tutelato…. Modificare la legge su tale delicata e vitale tematica potrebbe essere l’ultima spiaggia se si fa una doverosa trasposizione soggettiva ponendosi dalla parte del cittadino, ricordando che la responsabilità è un valore assoluto”.

Chi tra costoro ha operato forzature ai limiti del diritto e acrobazie ai confini del ridicolo sentenziando “creativamente”, ha perso i requisiti di obiettività, imparzialità e professionalità che la delicatezza della professione esercitata impone di possedere. Perché mai? I motivi se li chiede chi crede ancora nella giustizia giusta ed uguale per tutti, purtroppo non se li chiedono coloro che ritengono normali sentenze di condanna carceraria per eccesso di legittima difesa se non per tentato omicidio, nei confronti di chi si è “permesso” di difendersi da rapinatori e che è stato pure costretto al risarcimento in denaro. Costoro non si chiedono nemmeno perché mai i magistrati, difesi dalle corporazioni, abbiano sempre rifiutato una loro  regolamentazione, vedendo nelle critiche solo una delegittimazione della casta! Apro una parentesi che non vale solo per le toghe, ma anche per i sanitari, gli insegnanti, gli assistenti sociali, i poliziotti, le categorie di lavoratori sensibili in genere: una qualsiasi legge di regolamentazione delle rispettive responsabilità non deve essere interpretata come contrapposizione tra opposti corporativismi nè tantomeno come delegittimazione degli interessati, ma piuttosto come valorizzazione dell’alto compito loro demandato ed a maggior tutela dei cittadini.

Riporto (non certo perché ce l’abbia con i giudici-mi guarderei bene dal generalizzare- ma perché mi hanno colpito, per conoscenza di chi legge e per l’opportunità di fare gli scongiuri in caso di coinvolgimenti giudiziari) alcune sentenze significative. -Il tribunale di Milano nel 2001 ha obbligato un’azienda a riassumere un addetto licenziato perché scoperto a fumare hashish; -Il tribunale di Bologna nel 2000 lo stesso per un licenziato perché scoperto che lavorava in una sala giochi, mentre era ufficialmente in malattia; -La corte d’appello di Roma nel 2011 lo stesso per un licenziato perché con un calcio in faccia aveva rotto la dentiera ad un collega; -Il tribunale di Roma nel 2000 lo stesso per un infermiere licenziato per avere gettato a terra e preso a calci un paziente affetto da insufficienza mentale; -Il tribunale di Torino nel 2011 lo stesso per un licenziato ufficialmente in malattia, ma ripreso dalla telecamera mentre prendeva parte ad una contestazione contro un leader sindacale; -Il giudice del lavoro di Milano nel 2003 lo stesso per un dipendente della società aeroportuale licenziato perché filmato a rubare le valigie di passeggeri; -prima il Tar e poi la Procura con il sequestro del mega impianto di comunicazione e difesa americano in Sicilia, costato svariati miliardi di dollari, passato preventivamente (nove anni) sotto tutti gli interminabili controlli della famigerata burocrazia italiana mentre altri tre impianti simili sono perfettamente operanti negli USA in Australia ed alle Hawaii. Perché? Semplice, per l’ennesimo comitato sorto appositamente. D’altra parte come ammazzerebbero le giornate ed avrebbero l’agognata visibilità tutti gli pseudo pacifisti/ecologisti /paesaggisti/ animalisti/sfaccendati ecc.? E che dire della faccenda del termovalorizzatore di Acerra, riportato come esempio negativo nei testi di diritto americani? Mi chiedo poi perché, nel sentenziare, esordiscono con “nel nome del popolo italiano” ?

Vale la pena di citare due provvedimenti posti in essere negli USA per ovviare ai ritardi nella emissione delle sentenze di corti supreme: una legge che dispone che i giudici non sarebbero stati pagati se fossero stati in ritardo; un provvedimento delle corti federali con cui si rendono pubblici i rendimenti dei singoli giudici. Il risultato ottenuto: come ci si attenderebbe: positivo per la comunità. Da mettere in luce inoltre: i risultati raggiunti negli anni scorsi dai tribunali di Torino e di Marsala attraverso tecniche manageriali, con cui si è ottenuto di dimezzare la durata media delle cause. Chiudo l’argomento citando “Io non posso tacere” libro del magistrato Piero Tony nel quale si ammettono francamente alcune eclatanti deficienze della magistratura; alcune esternazioni del magistrato Raffaele Cantone, tanto reclamizzato dal PD “…Il CSM è ormai un centro di potere di cui si fa fatica ad accettare il ruolo… Le correnti sono diventate un cancro della magistratura..” e di Giuseppe Di Federico professore emerito di ordinamento giudiziario all’università di Bologna “..negli altri paesi vi sono verifiche più accurate sui magistrati… se sono bravi oppure no non emerge dalle valutazioni perché vengono promossi tutti… quelli dei magistrati è una corporazione, una casta, potente e autoreferenziale”. Per finire con le esternazioni pubbliche di certi magistrati. Hanno dimenticato l’esistenza del D.Lgs. 109/2006 che ai primi articoli così recita: 1) Il magistrato esercita le funzioni attribuitegli con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo e equilibrio e rispetta la dignità della persona nell’esercizio delle funzioni.2) Il magistrato, anche fuori dall’esercizio delle proprie funzioni, non deve tenere comportamenti, ancorché legittimi, che compromettano la credibilità personale, il prestigio e il decoro del magistrato o il prestigio dell’istituzione giudiziaria. 3.)Le violazioni dei doveri di cui ai commi 1 e 2 costituiscono illecito disciplinare perseguibile nelle ipotesi previste agli articoli 2, 3 e 4? E chi deve farle rispettare le leggi? Che dire infine dell’usanza “all’italiana” di consentire anche ai magistrati prestati ad altre attività di fare carriera, invece che consentirlo esclusivamente ai più meritevoli come di norma? Il magistrato, così come ogni altra categoria, prima di essere tale è uomo, cioè imperfetto e quindi soggetto ad errori. Ma tutte le categorie di lavoratori sensibili come sopra accennato, ancor prima di sottoporsi all’accertamento delle capacità squisitamente professionali (nel nostro caso la profonda conoscenza del diritto) dovrebbero anche superare tutta una serie di test  psicoattitudinali  di fondamentale importanza. E questa carenza è colpa della politica.

6) quando si pensa alle carceri dove: a) sono ospitate persone in numero eccedente il massimo consentito con ciò dovendo subire le pesanti sanzioni milionarie comminate da Bruxelles, b) non si costruiscono nuovi istituti penitenziari (per esempio con i soldi che si spendono per gli immigrati che poi vanno ad incrementare le carceri ?!) ma si preferisce varare condoni ed amnistie, o più maldestramente (o furbescamente per aggirare le prevedibili proteste su nuove proposte di condoni) emanare decreti demandando ai giudici la valutazione della lievità del reato così, tanto per invogliare la malavita extracomunitaria, e non, a venire quanto prima dalle nostre parti visto che non esiste alcuna certezza della pena. Si pensi che sono oltre cento i reati potenzialmente non punibili, dalla corruzione alla violazione di domicilio, alle minacce, all’omicidio colposo, all’adulterazione di prodotti ecc.! Questo oggi: domani?

7) quando si pensa all’abuso che viene operato dai giudici dell’art.275 del codice di procedura penale riguardante il carcere preventivo o custodia cautelare. Tale articolo dovrebbe essere applicato solo se esiste il pericolo di fuga o di reiterazione del reato o di turbamento delle indagini. Nella realtà le cose vanno diversamente talché quasi un quinto della popolazione carceraria ne risulta soggetto, ciò che comporta tre ordini di problemi. Il primo circa il mancato riconoscimento della presunzione di innocenza garantito dalla costituzione; il secondo relativo al conseguente peggioramento delle condizioni dei carcerati, per cui si rimanda al punto 6) precedente; il terzo inerente il costo che comporta il citato sovraffollamento valutabile in circa 150 euro al giorno a carcerato, per un totale al momento che si scrive di oltre 40 milioni di euro al mese (oltre alle sanzioni europee)! Nel dubbio, meglio un presunto colpevole libero che un innocente in galera. No al giustizialismo!
E tutto questo che appare ingiusto diventa ancor più incomprensibile allorquando leggiamo degli innumerevoli  rilasci da parte dei gip di persone poco raccomandabili colti in flagranza di reato vario!

Per finire mi domando se non sarebbe più positivo in ogni senso a) applicare braccialetti elettronici a tutti coloro in attesa di giudizio ed a quelli condannati a pene inferiori e comunque non nocivi b) pagare inoltre qualche cooperativa per la formazione professionale ed il reinserimento sociale, dei casi meritevoli con evidenti considerevoli risparmi milionari!

8) quando si pensa che qualsiasi libero cittadino è privato della possibilità di auto difesa e di protezione dei propri beni affettivi e patrimoniali.

L’Italia è nota internazionalmente per la sua posizione geografica, la ricchezza di beni naturali, monumenti  ed opere d’arte testimonianza della sua storia, la musica e la genialità di tanti suoi figli, la culinaria e la cordialità della gente, la moda ecc. che ci rendono unici, ma non dimentichiamo che purtroppo è negativamente famosa anche per la burocrazia, la sporcizia, i disservizi, gli scioperi (anche dei vigili urbani), la giustizia, la delinquenza comune, l’eccesso di tolleranza e di buonismo, l’assenza di pene. Fa sorridere amaramente la lettura di una specie di decalogo per proteggersi dai borseggiatori soprattutto sui mezzi pubblici a Roma: dove nascondere i documenti, dove il denaro, il contegno da tenere, le persone da sospettare ed i comportamenti da evitare, come qualsiasi reazione violenta che si ritorcerebbe su se stessi ecc. Insomma si rappresenta in concreto la drammaticità dell’Italia nel contesto contemporaneo e soprattutto in zone particolari: la difficoltà di poter fruire della libertà individuale in tutte le sue forme del vivere civile, la difficoltà di tutelare l’incolumità propria e dei propri cari, la difficoltà di difendere il patrimonio, con la quasi certezza di aggiungere al danno la beffa.

Non c’è giorno che non si leggano sui quotidiani soprattutto locali quanti furti, a mano armata e non, siano operati da gentaglia soprattutto straniera in danno di cittadini. Non fa nemmeno scalpore la notizia della ladra rom minorenne presa con le mani nel sacco oltre 50 volte(su quante centinaia di furti ?) e naturalmente rilasciata o delle mamme rom con relativi pargoletti su carrozzine quotidianamente prese in flagranza di reato e regolarmente rilasciate. Per certi governi rientra nella logica delle cose la sequenza dei fatti di seguito descritta, sequenza che non è frutto solo del comune sentire del cittadino, ma è anche tratta da svariate intercettazioni telefoniche di malviventi soprattutto stranieri, che decantano il “paradiso” Italia. Dunque sarebbe normale che il cittadino si faccia rapinare per la strada o in casa dal malvivente o balordo di turno senza reagire. Perché? Presto detto. Se il cittadino rinuncia alla reazione il ladro lo deruberà semplicemente di ciò che possiede, denaro, documenti, gioielli ecc., forse, se trova la situazione favorevole, può regalarsi qualche stupro, ma generalmente non infierisce. Risultato: il ladro farà perdere le sue tracce, le forze dell’ordine non essendo coinvolte proseguiranno nel loro routinario lavoro, così pure avvocati d’ufficio, giudici, secondini ecc. con evidente risparmio per lo stato; il derubato ed eventuali familiari, non importa se prima, poi o mai ed a proprie spese, supereranno il trauma subìto e non recupereranno quanto loro sottratto.

Se, al contrario, il cittadino osasse reagire analizziamo quali scenari si aprirebbero: il ladro potrà: a) essere preso vivo ma senza refurtiva, si attiveranno le procedure di rito, entreranno in campo altri protagonisti tra cui lo Stato, il ladro entrerà in prigione da cui uscirà subito dopo per l’assenza di celle o perché reato derubricato o altri motivi, le spese permarranno in capo al cittadino mentre quelle dello Stato ricadranno in capo a .. al cittadino. Risultato negativo per il cittadino e per lo Stato (leggi Pantalone); b) essere preso ferito ma con la refurtiva, analoga procedura del punto precedente, in più il cittadino manterrà i propri beni ma dovrà difendersi dall’accusa di tentato omicidio. Si deve sapere infatti che nel nostro paese, forse unico, esiste il reato di eccesso colposo di legittima difesa (invenzione dettata da una cultura statalista che vuole l’individuo succube del potere sempre e comunque). In realtà tutto nasce da una legge risalente al periodo fascista: nella sostanza chi si difende è comunque sottoposto ad indagini, ma non è punibile se la sua reazione risulta proporzionale all’offesa, o che ritiene possa subire, che vi sia pericolo di aggressione, che risulti attuale e non vi sia desistenza da parte dell’intruso! (Invece negli USA, in Francia, in Spagna il proprietario può sparare verso un intruso nella propria abitazione). Risultato? Dipenderà dal cittadino e dalla mole dei beni recuperati rispetto all’iter giudiziario che il medesimo dovrà sostenere; c) essere preso morto. Tutte prospettive horror per il cittadino “ribelle”. La “bellezza” delle leggi è questa: si fanno a tavolino. Purtroppo una cosa è regolamentare il diritto di precedenza nelle rotatorie, un’altra cosa il comportamento di un essere umano in condizioni di stress estremo. Di fatto un proprietario che si trovasse un intruso nella propria casa dovrebbe freddamente e rigorosamente osservare la seguente procedura: a) verificare con attenzione se questi sia dotato di un’arma, b) in caso positivo se la stessa sia  vera o finta, c) se non ha arma o se è finta e se l’intruso non sembra aggredire, intimargli col sorriso di desistere!!! Mi chiedo ad esempio davanti a cinque intrusi dotati di coltello la reazione del proprietario con pistola si ritiene proporzionata?; oppure, se l’offesa è così repentina da non lasciare il tempo di riflettere, dopo essere stati uccisi, è concesso di uccidere a propria volta? Solo dopo tali accertamenti, preso per buono che i suoi battiti siano rimasti costantemente sui sessanta al minuto,  deciderà se sparare oppure invitare cortesemente l’intruso a desistere. La procedura descritta sarebbe rispettata in toto nel caso in cui il derubato fosse qualcuno che amministra la giustizia? Certo… ma solo perché non disporrebbe di armi! Per terminare è giusto purtroppo prendere atto che lo Stato ha preferito  investire, da circa vent’anni (ricordo il ministro Ferri!), per acquisti di autovelox e “sicurezza” stradale anziché destinare fondi per la tutela dell’incolumità del cittadino perché più facile e per… fare cassa.

9) quando si pensa al mancato rispetto degli artt.2 e 3 della Costituzione su  riconoscimento e garanzia dei diritti dell’uomo, che interpreto in senso estensivo. Ad esempio occorre sapere che se un cittadino ha la sfortuna di essere indagato per un reato che non c’è (strana cosa che in Italia accade in tre casi su quattro!) e l’interessato, pur di ottenere giustizia ricorre in tutti i gradi di giudizio non raramente affrontando spese tali da cambiargli la vita, lo stato, contrariamente agli altri paesi europei, non gli risarcisce le spese legali!  Ci sono tantissimi casi di gente che, pur di far valere i propri diritti  si è ridotta sul lastrico, avendo dovuto vendere ogni proprietà, ricorrere a prestiti e a volte perdendo pure il lavoro, oltre alla pace. Figurarsi tutti coloro che non hanno alcuna possibilità neanche di difendersi adeguatamente! Avete capito bene: lo stato prima ti indaga, ti sconvolge la vita, poi, una volta che tu hai vinto la disputa giudiziaria, si ritira senza nemmeno scusarsi.

10) quando si pensa alla burocrazia che paralizza le attività e disincentiva qualsiasi imprenditore estero ad investire in Italia, alla stratosferica quantità di leggi esistenti che immobilizza uffici, imprese, professionisti e ciò nonostante le perenni promesse dei politici di snellire e di sburocratizzare.

11) quando si pensa ai mancati controlli sulla spesa pubblica e sui fondi europei, anche se si finge di volerli attuare mediante nomine ripetitive di commissari ad hoc (finora ne ho contatti quattro, tutti dimessi o dimessisi), che producono soltanto altra spesa e… qualche amico in più. In pratica si è preferito evitare di rimuovere i centri di parassitismo e quindi di spesa improduttiva, in cambio del mantenimento del consenso degli interessati! Spesso ambizioni politiche, incollamento alle poltrone ed interessi privati vari sovrastano la logica, il raziocinio, il rispetto. Non smetterò mai di chiedermi perché. Il politico serio, quello che fa veramente gli interessi della gente e non solo di pochi, seppur portatori di corposi bacini elettorali o assegnatari di quei posti per scambi/compensazioni politiche, con la decretazione di chiusura della miriade di enti inutili, opportunamente resa pubblica, non sarebbe certo di perseguire il bene pubblico e contemporaneamente acquisire più consensi di quelli persi? Ma il danno e quindi la presa in giro non si fermano lì, infatti la  spesa pubblica  non solo non viene ridotta o quantomeno tenuta costante, ma al contrario aumenta, e poiché tale assurdità apparente è accompagnata da mancato incasso per diversi miliardi di euro da parte del fisco, da inadeguato controllo dell’evasione, da aumento delle tasse e delle entrate tributarie, ma non da grandi investimenti o spese imponenti per il risollevamento dell’economia, non è né assurdo né misterioso capire dove finisca il denaro!!!

12) quando si pensa alla più volte distorta interpretazione del già citato art. 3 della Costituzione, oltre che all’art.22 della Dichiarazione universale dei diritti umani – sob, in tutte quelle situazioni cioè in cui un cittadino si sente, ma è anche, leso “legalmente” nei suoi diritti, senza che chi di dovere vi ponga rimedio. Una tra tutte: la diversità di trattamento economico tra pari grado e responsabilità di personale operante presso pubbliche amministrazioni uguali ma site in regioni diverse. Mi riferisco non certo ai casi in cui la differenza vari del 5%, ma a quelli in cui la differenza arrivi anche al 400%! Ogni riferimento alle regioni a statuto speciale non è casuale. Solo per citare una situazione ben conosciuta, qualcuno trova normale che il dirigente A (non dipendente da regione a statuto speciale) che gestisce milioni di euro di lavori e diverse decine di collaboratori, con evidenti notevoli responsabilità, disponibilità h24, stress ecc., percepisca uno stipendio pari a quello di un usciere della regione Sicilia, mentre il dirigente B della medesima regione, forse ma meglio dire probabilmente, anche con inferiori responsabilità e stress, guadagni quattro volte tanto? Se questo appare normale non stupiamoci neanche se A si arrangiasse diversamente ad arrotondare lo stipendio o della pretesa del nullafacente di guadagnare quanto il suo capo! (Questa evidentemente è una provocazione atteso che per arrangiarsi diversamente bisogna prima di tutto essere intimamente predisposti).  Qualcuno trova normale che sempre in Sicilia trovino occupazione un numero di dirigenti (1800) pari a quello complessivo delle rimanenti regioni, con una spesa annua evitabile non inferiore a 200 milioni?

Ma non necessita porre in evidenza altri casi specifici, è sufficiente soffermarsi sui nostri parlamentari, i quali, in barba al pluricitato art 3, continuano ad accedere al vitalizio dopo trenta mesi di legislatura. Evviva l’Italia e la costituzione più bella del mondo!

13) quando si pensa alla inconsistente politica estera italiana ed europea sul terrorismo. Sarà sempre troppo tardi quando il nostro governo, ma anche il resto degli stati europei oltre all’indispensabile contributo di Usa e Russia, prenderanno atto che ormai terrorismo ed estremismo islamico non sono lontani da noi, anzi sono proprio alle porte. Ma probabilmente per la sua comprensione vera e perché tali signori ne realizzino la drammaticità occorrono altri attentati, soprattutto se rivolti a soggetti politici di spessore!

Ma è proprio così difficile convincersi di quale sia la realtà? A quanto pare si. Tentiamo di spiegarci meglio.

Come si sa c’è chi opera nel bene (non dico nel giusto trattandosi di concetto relativo) ovvero l’individuo non è orientato scientemente a danneggiare il prossimo nel senso più ampio del termine. C’è invece chi opera nel male, poco rileva se sistematicamente o occasionalmente, comunque non ha remore a ledere gli altri. Il primo rifiuta per forma mentis la esistenza della malvagità, della cattiveria,  dell’inganno, l’eventuale offesa sarebbe solo forma di difesa. Il secondo sfrutta prevalentemente le “debolezze” del prossimo: l’ingenuità, la sprovvedutezza, la timidezza, la correttezza, l’onestà, la generosità, la bontà, la cristianità ecc. e così ha gioco facile. Appare lampante ad una mente razionale che qualsiasi battaglia tra il bene ed il male è impari, proprio per le “armi” disponibili delle parti: come si può vincere con la giustizia, con il garantismo, con la democrazia ed, aggiungo, con la folle illusione che mostrandosi indulgenti, comprensivi, caritatevoli si ottenga la conversione del malvagio? Questa “debolezza” rappresenta proprio un’arma in più per il reo. L’unica soluzione è esattamente quella opposta: dimostrare con fermezza che le “debolezze” della società civile, evoluta, democratica non lasceranno spazio a chiunque, a qualsiasi livello, intenda cancellare secoli di faticoso cammino del progresso e della civiltà. Per quanto attiene alla criminalità, e segnatamente al terrorismo, occorre rivedere in fretta l’attuale visione di pacifismo esasperato dell’Europa (naturalmente legittimo in seguito alle guerre mondiali sopportate) rendendosi conto che siamo in guerra perché guerra ci è stata dichiarata e gli stati hanno il diritto ed il dovere di tutelare i propri cittadini. Ma qualsiasi guerra, ancorché difensiva, non può combattersi ad armi impari ed i terroristi, seppur smisuratamente inferiori a livello militare, sono subdoli, non hanno nulla da perdere e si infiltrano facilmente tra noi, ciò che li fa più pericolosi. Purtroppo, se continueranno a mancare veri statisti e nuove visioni e soluzioni in relazione agli attuali problemi mondiali, se  si continuerà a ritenere che i terroristi siano un fenomeno passeggero e che non ci colpiranno mai (o che i delinquenti dell’est preferiscano operare da noi perché siamo più ricchi invece che per le nostre leggi permissive e le carceri-albergo) e che sconfiggeremo chiunque a colpi di scudo-buonismo, saremo noi gli artefici del nostro declino e di una ineluttabile involuzione storica.

Gli stati interessati non sono riusciti fino ad oggi ad articolare piani di azione apprezzabili nemmeno a livello di sensibilizzazione delle comunità islamiche residenti affinché prendessero concrete distanze dagli estremisti anche mediante collaborazioni fattive. Le comunità islamiche dal canto loro hanno finora ignorato l’importanza di prendere posizioni decise, attraverso la voce degli imam più autorevoli o manifestazioni pubbliche, sottovalutando così il fatto che ogni misfatto portato a compimento dagli estremisti non può che alimentare ulteriore diffidenza nei loro stessi confronti con effetti che preferisco non commentare. L’argomento è più diffusamente trattato in “Buonismo”.

Massimo Cacciari, in un suo articolo, non usa mezzi termini e avverte che nel 2050 in Europa la maggioranza della popolazione sarà matematicamente extracomunitaria. O ci si attrezza politicamente, economicamente, giuridicamente ed eticamente a fronteggiare tale situazione o scoppierà una guerra civile, tutta interna all’Europa.

14) quando si pensa che nessun governo abbia mai provato ad applicare, come sarebbe corretto, un’unica tassazione per tutti i cittadini ( leggi flax tax), pur essendo dimostrato da diversi studi che il gettito incassato in meno dalle classi più ricche sarebbe abbondantemente coperto dal calo o dall’eliminazione dell’evasione fiscale, né tantomeno si è mai sognato di tassare seriamente le eredità. In virtù di quanto espresso sull’art. 53 della Costituzione, da sempre ho avuto la fissazione della tassa unica, appoggiando in pieno, una volta conosciuta l’esistenza, il sistema fiscale non progressivo ideato nel 1956 dal premio nobel Milton Friedman, oggi adottato da più di quaranta paesi con evidenti benefici economici, sistema che è stato ripreso nel 1981 dall’economista Alvin Rabushka il quale, con riferimento all’Italia oggi propone addirittura un’aliquota shock del 15% con i seguenti risultati: crescita impetuosa dell’economia, creazione di un milione di posti di lavoro nel breve periodo, emersione dell’evasione fiscale, crescita dei consumi, richiamo di investimenti stranieri. Il tutto non limitandosi alle declamazioni ma accompagnandolo con numeri ben precisi. Non disponendo dei dati, mi limito a fare qualche esempio, considerando una tassazione al 20%: sia rl=reddito lordo; rn=reddito netto

rl                rn oggi                   rn con flax tax al 20%     differenza in più

20000      15200(24%)                   16000                         800

40000     28480(26%)                   32000                        3520

60000     40730(32%)                   48000                        7270

E ancora riporto, per come, leggo, lo stato della tassazione 2015 delle piccole e medie imprese riferito dall’Osservatorio della confederazione artigiana: Reggio Calabria 75%, Bologna 72,9%, Napoli 71,9%, Roma 71,7% ecc.

Una certa politica è troppo impegnata a parlare di eguaglianza e ingiustizia sociale e, sarebbe il caso di aggiungere, ad infarcire i propri discorsi di quella retorica che tanto fa presa sulla massa più superficiale del suo elettorato, a cui destina i proventi dell’alta tassazione imposta al ceto medio alto. Ricordo ai non informati ed agli smemorati ad esempio che il 4% dei contribuenti paga il 32% dell’irpef (oltre naturalmente alle tasse locali, a quella sui prodotti, iva ecc.), ricevendo in cambio dallo stato non più servizi ma accertamenti.

v.LIBRO

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