È ovvia l’importanza che assume la condizione economica, quella sociale e l’educazione di base per un bambino. Come accennato in precedenza, dissertando sull’intelligenza, un gemello omozigoto, cresciuto presso qualche tribù africana, la cui massima espressione tecnologica è rappresentata dalla lancia e quella religiosa dal totem e dove l’età massima dei suoi abitanti non supera i 40 anni, è perfettamente simile fisicamente e nella dotazione interna al gemello cresciuto presso una ottima famiglia di una nazione evoluta, ma la sua crescita, a parte forse quella squisitamente fisica, rimarrà stazionaria, mentre il fratello più fortunato sarà in grado a dieci anni di parlare più lingue, conoscere l’arte, chattare ecc., ed a 40 anni, quando forse il fratello “africano” sarà già morto, perverrà verosimilmente all’apice della carriera lavorativa. Non può quindi sfuggire l’incidenza fondamentale dello status socio economico e dell’ambiente alla nascita di un individuo. Non può cioè disconoscersi il contributo migliorativo o meno che ne deriva, o ne dovrebbe derivare a livello di benessere psicofisico generale, ma anche a livello culturale e intellettivo. Ma non è certo solo l’aspetto economico in sé che determina la differenza tra tipi.
Altri due importanti aspetti sono rappresentati dalla cultura e dall’età.
Per quanto attiene alla cultura, spesso ma non sempre legata all’intelligenza, non può nascondersi il condizionamento che la stessa determina su una persona. Confrontando due individui perfettamente simili e dotati, di cui il primo colto e l’altro ignorante, diremo intanto che, in ossequio a quanto espresso nel paragrafo “positivo-negativo”, il primo si troverà sempre disarmato scontrandosi con la crassa ignoranza del secondo perché conscio dell’inesistenza o inconsistenza delle sue argomentazioni.
Ma al di là di questo richiamo è fuor di dubbio che la persona colta farà sempre presa sulla gente “media”; se è pure simpatica ed intelligente non avrà difficoltà ad intrattenere piacevolmente ed essere al centro dell’attenzione. Non raramente comunque soddisfazioni simili riesce a spuntarle anche l’ignorante, il quale, in quanto tale, spesso si presenta spavaldo, sicuro di sé ma, quando conosciuto dai meno superficiali, sarà trattato per quello che realmente è.
In un calcolo combinatorio semiserio di un gioco immaginario si sono fatte le seguenti assunzioni: i dati di origine, o di ingresso, modificati a seguito della “filtrazione” attraverso lo status economico/sociale e l’ambiente (ovvero dalla risultanza dell’influenza familiare, scolastica, ambientale determinanti per la formazione, lo sviluppo e l’evoluzione del ragazzo al fine di consentirgli di affrontare la società, da cui deriverà la personalità definita dell’individuo) sono esclusivamente l’egoismo, la sensibilità e l’intelligenza. I loro prodotti finali saranno combinati con la cultura secondo le seguenti condizioni (ricordando che E1 corrisponde ad egoismo buono o altruismo e decresce fino ad E3, S1 corrisponde a sensibilità bassa e cresce fino ad S3, C1 corrisponde a cultura bassa e cresce fino a C3, I1 corrisponde a intelligenza bassa e cresce fino a I3):
l’egoismo viene accorpato alla sensibilità; sono state scartate le coppie E1S1, E2S3, E3S3 perché improbabili e sono stati assegnati i valori che seguono in relazione al “peso” ritenuto equo: E1S3=100; E1S2=50; E2S2=20; E2S1=5; E3S2=5; E3S1=1
l’intelligenza viene accorpata alla cultura; sono state scartate le coppie I3C1, I2C1, I1C2, I1C3 perché improbabili e sono stati assegnati i valori che seguono: I3C3=20; I3C2=I2C3=I2C2=10; I1C1=1
Dalla tabella che ne è conseguita si evince che la migliore dotazione individuale è la E1S3I3C3 e la peggiore E3S1I1C1. Il valore minimo si reputa 500. Chiunque può dilettarsi, in piena obbiettività, ad autoassegnare a sé e ad altri (ben conosciuti!) i singoli valori ed ottenere il prodotto finale. L’accoppiamento o compatibilità della coppia è data dalla somma dei due prodotti finali, che si ritiene non dover essere inferiore a 1000.
13C3 | 13C2 | I2C3 | I2C2 | I1C1 | ||
20 | 10 | 10 | 10 | 1 | ||
E1S3 | 100 | 2000 | 1000 | 1000 | 1000 | 100 |
E1S2 | 50 | 1000 | 500 | 500 | 500 | 50 |
E2S2 | 25 | 500 | 250 | 250 | 250 | 25 |
E2S1 | 5 | 100 | 50 | 50 | 50 | 5 |
E3S2 | 5 | 100 | 50 | 50 | 50 | 5 |
E3S1 | 1 | 20 | 10 | 10 | 10 | 1 |
AZIONE E REAZIONE
Tutti siamo a conoscenza della terza legge della dinamica o principio di azione e reazione che così recita: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.
Così, un corpo appoggiato sopra un tavolo esercita su di esso una forza uguale e contraria alla forza che il tavolo esercita sul corpo; due persone che da fermi si spingono a vicenda con una forza uguale ed opposta rimangono sostanzialmente immobili ecc.
Fortunatamente o purtroppo la vita delle relazioni di ogni essere vivente è regolata da una legge universale più complessa: quella dell’egoismo. La complessità di una relazione matematica che contemperi le decine di variabili che concorrono alla sua risoluzione è così elevata che infatti nessuno l’ha mai neanche teorizzata. Forse saranno stati svolti tentativi, come io stesso ho più volte cercato di fare a livello.. amatoriale, ed inevitabilmente ogni volta mi sono convinto … a pensare ad altro.
Ma quali sono i problemi? Accenniamoli.
Se A fa un torto (molto generico) a B, costui potrebbe rispondere: 1) secondo la logica dell’occhio per occhio, quindi con analogo torto e della medesima intensità, senza osservare contesto, persone ecc.; 2) secondo la logica del rispetto dell’autore A, così ad esempio in maniera attenuata nei confronti di un debole, di una persona cara, di una persona autorevole ecc. ed in modo eccessivo verso l’autore violento, potenzialmente pericoloso; 3) secondo la logica del rispetto della situazione, modalità che potrebbe condurre ad operare una reazione pesante verso l’autore più debole o al contrario una reazione lieve o nessuna reazione nei confronti dell’autore più aggressivo e pericoloso; 4) secondo nessuna logica (solo apparentemente se B non è chiaramente fuori di testa). Qualunque essa sia è sempre e solo ovviamente governata dall’egoismo e, non osservando alcuna regola fisica/matematica, può risultare spropositata, ingiusta, insufficiente.. insomma umana.
Le componenti che in misura più o meno determinante influiscono sull’esito della risposta sono molteplici; tra queste ricordiamo: la fisicità, l’età, il carattere, la religiosità, l’intelligenza, la sensibilità, il tipo di egoismo, le esperienze, le condizioni fisiche e psichiche del momento, il contesto (ad es.se B è solo ed A è in gruppo e viceversa, se A è armato e B no e viceversa, se B deve proteggere qualcuno con lui, se il luogo è isolato o affollato, se ha ben altri problemi prioritari da affrontare che lo facciano desistere, se le condizioni atmosferiche sono o meno influenti ecc).
Qualche tempo fa ho letto che presso i popoli primitivi esisteva la convinzione che la parola possedesse una forza magica, cioè che fosse in grado di rendere magico l’oggetto interessato, di modificarlo. La funzione antica della bestemmia, così come dell’invettiva e della calunnia vanno compresi alla luce di tale mentalità. Se proprio se ne vuole trovare l’origine e la supposizione fosse azzeccata, viene da chiedersi se il bestemmiatore routinario (ricomprendendo nel termine sia la blasfemia che l’imprecazione in genere) voglia veramente, ma anche il perché, rendere magico o modificare la troia, la puttana, la vacca o le divinità che più gradisce. Lo escludo. Piuttosto sono propenso a pensare che la spontaneità con cui ricorre all’esternazione l’abbia appresa in famiglia o carpita agli amici più anziani o più “fighi”, certo non era insita nel suo DNA; poi avrà trovato terreno fertile nel suo mondo, non sempre(purtroppo) di ignoranza, e quindi divenuta abitudine. Possiamo considerarlo come un vezzo o una piccola droga, comunque non è stato nemmeno bravo ad inventarla lui. Ho precisato ”non sempre di ignoranza” e difatti non è esclusiva di un livello sociale: ciò rafforzerebbe l’idea che di abitudine si tratti.
Definisco buonismo la falsa bontà, ma, volendo mantenere il termine, distinguerei il buonismo vero, sincero da quello finto, forzato, occulto o sbandierato. Se la distinzione apparisse grossolana mi costringo a fare il pignolo dividendo l’umanità, relativamente all’argomento, in quattro categorie. La prima quella delle persone pie, quelle cioè che posseggono la bontà da dna, le uniche che pagano in prima persona il prezzo della bontà: tempo, disponibilità, solidarietà, denaro ecc.: rarità. La seconda quella dei buoni da necessità/facciata, che comprende non pochi religiosi e politici. La terza quella dei buoni da convenienza, rappresentata da tutti quelli convinti che fare i buoni non può che produrre i migliori frutti in termini di ritorno. L’ultima è quella della gente realista. Il termine è qui argomentato con specifico riferimento al terrorismo e all’immigrazione. Tentiamo di farne chiarezza.
Quasi quotidianamente i media ci propinano notizie su efferatezze perpetrate da estremisti, ci narrano scene agghiaccianti di crudeltà inaudita. Assistiamo increduli ed impotenti a questa situazione ma, non vivendola personalmente né percependola a noi vicina, di li a poco ce ne dimentichiamo. E’ la natura umana, cioè l’egoismo. Ma, più che sbigottire di questi fatti, che appare inopportuno definire disumani proprio perché è l’uomo che dimostra ampia e ripetuta capacità di compierli, si rimane sconcertati (ma di poco, infatti non è che una forma di egoismo!) nel notare che c’è sempre qualcuno pronto a trovare ad ogni costo una giustificazione, una scusante, una motivazione accompagnate da soluzioni per lo meno fantasiose, a sfidare equilibrismi interpretativi a livello sociologico o economico. Ad esempio una logica che brilla nella mente del buonista di turno è quella di attribuire la causa del terrorismo all’ignoranza e quindi la soluzione ovvia per combatterlo sarebbe quella di sostenere la cultura degli attentatori in pectore . E’ notorio invece che molti degli ideatori e in genere chi comanda quei gruppi sono acculturati, spesso laureati presso università occidentali! Altra tesi stoltamente avanzata è quella di chiamare in causa la povertà: senza disturbare casi meno noti è sufficiente rammentare Bin Laden ed il suo successore Al Zawahiri, arciricchi! Un’altra tesi, strumentale, è quella portata avanti da altri analisti politically correct che ricondurrebbe ad una “colpa dell’occidente”, come l’invasione dell’Iraq, e quindi giustificandola, la reazione del fenomeno jihad; se così fosse come giustificare i massacri di decine di migliaia di cristiani perpetrati negli anni in pakistan ed in zone estranee all’Iraq ad opera di islamici? La realtà?: gli ideatori ed i finanziatori, i cosiddetti califfi, non sono né poveri né ignoranti, ma semplicemente dei furbi ed esaltati che mirano al potere economico e politico/religioso, manovrando sapientemente giovani, forse molti di loro si, poveri, ignoranti e dalle menti fragili, chi con problemi d’identità, chi con la mente imbottita di fantastiche previsioni di una rivalsa dell’islam sull’infedele occidente, chi accecato dalla promessa di un paradiso nell’altro mondo, chi più semplicemente frustato e non integrato adeguatamente nelle realtà europee in cui vive.
Altra considerazione: molti islamici, non esclusivamente estremisti, vedono l’occidente come il demonio per cui non riconoscono anzi ne condannano usi, costumi, politica, religione, arti, tutto quello che sono nostre faticose conquiste di civiltà. Tenendo conto del gap civiltà che ci separa (non è certo sentimento antirazziale ma semplice constatazione della realtà politica e religiosa di determinate zone), la qual cosa potrebbe indurci a subire in religiosa pazienza le loro incomprensioni, mi chiedo: non sarebbero più credibili se eliminassero dalla loro vita tutto ciò che è occidentale: pc, internet, cellulari, auto, armi, ecc O queste cose fanno eccezione perché sono utili?