Non ci rendiamo conto, presi come siamo dalla vita, ma si può affermare con certezza che non esiste essere vivente che, lungo tutto il corso della sua esistenza, possa vantarsi di non esserlo: condizionato. Non ne sono esclusi ricchi, potenti, giovani, anziani, belli, brutti, singles, sposati, ed anche l’essere più libero non lo è del tutto. Si può pensare che ricchezza e potere annullino o almeno riducano i condizionamenti. Niente di più errato, al contrario, riflettendo è facile convincersi che povertà e/o semplicità di vita rappresentino gli elementi indispensabili, non per raggiungere ma almeno per avvicinarsi a tale finalità. Tralasciando l’analisi dei perché specifici, relativi ai vari tipi categorizzabili , è sufficiente soffermarsi su tutte le esigenze primarie dell’essere vivente generico, ovvero a quelle legate alla sopravvivenza: l’aria per respirare, il cibo e l’acqua per nutrirsi, i bisogni corporali, il sonno. A queste esigenze biologiche seguono, nella scala gerarchica delle priorità, una serie variabile di ulteriori esigenze che vanno dalla salute alla sicurezza, dalla necessità della casa a quella di altre proprietà, dal desiderio di procreare e formazione della famiglia al desiderio di crearsi amicizie, dal desiderio sessuale alla necessità del lavoro/denaro ecc. con una escalation senza fine…se si vuole. Insomma sia Adamo, sia i frati più umili, sia i più potenti uomini sono stati, sono e saranno sempre condizionati dalla natura e dagli altri propri simili!
Sempre premesso che qualsiasi condizionamento, non dipendente da eventi della natura, che sia cercato o subìto ( nel senso che il condizionamento può presentarsi casuale seppur prevedibile ma anche voluto come ogni qualsiasi azione, cioè per piacere, dovere, convenienza necessità) è frutto dell’egoismo, vediamo qualche esempio.
Fissiamo intanto l’attenzione su tutto ciò che si dice e che si fa, ovvero sforziamoci di pensare a quello che si può o non si può dire o fare, quello che si deve o non si deve dire o fare, quello che conviene o non conviene dire o fare ecc. in tutte le casistiche della vita. Già questo semplice esercizio può occuparci una intera giornata!
Uomo medio: -giornata tipo- sveglia, esigenze primarie, pulizia, famiglia, scuola, auto, traffico, benzina, autovelox, lavoro, auto, autovelox, casa, moglie, figli, tv. –giornata extra- esigenze primarie, problemi con figli, droga, problemi con casa, utenze, spese, problemi di salute, nuovi acquisti, amici, amante,ristorante, cinema, palestra, gita, ferie, traslochi, politica, religione, leggi
Uomo umile: esigenze primarie, problemi di sopravvivenza, ricerca di confort minimi
Uomo potente: sveglia, esigenze primarie, pulizia, famiglia, auto, autista, traffico, lavoro, incontri, stress, titoli borsa, soci, dipendenti, consigli di amministrazione, viaggi, amanti, problemi di salute, di famiglia, politica, religione, leggi
Se vogliamo riferire i condizionamenti ad alcune voci che interessano un po’ tutti, avremo:
Famiglia: rapporti con coniuge e figli ( problemi di svariata natura, tipo di educazione dei figli, competenze e ruoli dei singoli membri, compatibilità orarie, culinarie, preferenze tv ecc., problemi di moda, amicizie dei figli, scelta tipo scuole, professori, droghe, problemi economici, compatibilità sessuali, problemi di salute, malattie, medici, farmaci, ospedali, convalescenze, badanti, tate, nascite, vestiario, moda, profumi, gioielli, usanze, credenze, galateo, animali domestici ecc.)
Casa: problemi di sicurezza (antifurto, grate, videosorveglianza ecc.), di gestione (acqua, luce, gas, telefono, rifiuti, antenne, tv, posta, manutenzioni ecc. tipo disservizi) , di vicinato, di viabilità
Lavoro: viabilità, autovelox, parcheggi, responsabilità anche penali per attività specifiche, invidie colleghi, gelosie, rapporti con superiori ed inferiori, rispetto scadenze, mancate consegne, assenza commesse, ritardi, ecc.
Tempo libero: sport, palestre, abbigliamento, orari, alberghi, ristoranti, aerei, taxi, attese, code, ritardi, ecc.
Politica: rispetto leggi, regolamenti, tasse, incombenze e scadenze, ecc.
Amici: affetti, sacrifici, gelosie, tradimenti ecc.
E quanto altro ci ricordiamo!
Si badi bene che ogni voce è costituita da sotto voci. Ad esempio: quando penso all’abbigliamento penso a quello che si indosserà, che potrà essere condizionato dall’ora, dal contesto, dalla compagnia, se ciò che si intende utilizzare è pulito o macchiato, se è intonato al resto, se è di moda ecc.! Quando penso al cellulare devo considerare quali e quanti portarne con se, lo stato delle batterie, se si prende la linea, se parlare in viva voce o meno, se più opportuno inoltrare sms o meno, se fare ricerche specifiche sul web, quali compagnie telefoniche preferire e perché, i virus, i malware ecc.
Ma non è finita perché occorre anche inserire tutti i condizionamenti occulti. Citiamo solo qualche esempio: 1) la casualità ( un film esplicativo è sliding doors, laddove una banale perdita di tempo con conseguente perdita della metro da parte della protagonista dà inizio allo sdoppiamento della sua vita in entrambi i casi. Quindi si pensi al ritardo non previsto né prevedibile, all’incontro casuale o a quello saltato, agli spostamenti di appuntamenti, al cambio forzato di cose programmate colpa di incidenti, eventi atmosferici ecc.); 2) la pubblicità (tra le prime a condizionarci sulle scelte degli acquisti in positivo ma soprattutto in negativo, solo riflettendo ad esempio sui tanti prodotti dannosi per la salute che ci propinano l’industria gastronomica e quella chimica, la pubblicità ingannevole); 3) gli eventi naturali in genere: uragani, tornado, terremoti, temperature estreme, allagamenti ecc.
Si può dedurre che, in generale, i condizionamenti sono condizionati dallo stile di vita, ovvero che quanto più si hanno interessi, necessità, desiderio di partecipare si è sottoposti e sottomessi a condizionamenti; ciò non esclude che un tycoon , o perché abulico o timoroso o schivo, trascorra il suo tempo rintanato nella sua reggia, servito e riverito, che, delegando qualunque incombenza a terzi, possa essere meno condizionato di un travet dai mille interessi, che invece ne risulta stracarico.
Sempre e comunque grazie all’egoismo.
Coppia tipo
Si potrebbe scrivere un intero testo sul tema, ci limitiamo solo a fare un brevissimo excursus, esprimendo pareri tratti dalla esperienza e comunque in armonia con le impostazioni del presente scritto. Fino all’immediato dopoguerra, seppure in maniera residuale, vigeva, quantomeno al sud, una legge non scritta secondo la quale uomini e donne avevano compiti ben definiti. L’uomo era il capo della famiglia, anche se con il trascorrere degli anni il titolo diventava sempre più teorico; portava i soldi a casa, provvedendo quindi al soddisfacimento di tutte le esigenze economiche della famiglia. Aveva la rappresentanza della casa, godeva di alcune libertà, come quella di coltivare amicizie, sovente non consentite alla moglie. Non di rado era il padre-padrone.
La critica sembra uno dei passatempi più divertenti di sempre, intramontabili, universali ed h24. Mi riferisco naturalmente all’attitudine ancestrale, endemica di dire la propria sull’operato degli altri in ogni situazione: ma questo sarebbe il male minore ove rapportato a quella manifestata dagli intolleranti, dagli esagitati delle curve degli stadi, da buona parte del popolo dei social, dagli estremisti, dai violenti, che non si limitano al rimbrotto più o meno manifesto ma lo accompagnano con i fatti! Come si capisce, il riferimento è alla critica spicciola, quella che riguarda il comportamento umano nella vita quotidiana, ma non di rado, grazie ad ignoranza e spocchiosità, raggiunge il top spingendosi temerariamente fino ad interessarsi di campi specialistici (tecnici, culturali, artistici ecc.) . Non ne sarebbero esenti nemmeno i santi, se esistessero, mentre i grandi uomini sorvolano o dissimulano. Infatti saggezza suggerirebbe di tenere sempre a mente -che chi la vuole cotta e chi la vuole cruda vale per noi ma anche per gli altri; -che una qualsivoglia azione è eseguita per piacere o per dovere o per convenienza o per necessità (vedere argomento dna) e, conseguentemente, purché non arrechi disturbo al prossimo, avrebbe titolo forse a giudizi silenziosi piuttosto che a critiche avventate quando non velenose.
Spesso la critica si scatena in compagnia degli amici; sarà cioè finalizzata ad amplificare il relax del momento condiviso, insomma un modo come tanti di trascorrere allegramente il tempo.
Ma c’è anche la critica bonaria, quella a livello di simpatico sfottò o quella finalizzata all’aiuto dell’amico. Infatti, a volte un problema è più facilmente risolvibile da chi lo analizza dall’esterno, perché più freddo ed obbiettivo di chi personalmente lo patisce o da chi può vantare maggiore esperienza sull’argomento. Ma a volte no, e questo perché: un problema è vissuto da ciascuno in base al proprio carattere, alle proprie priorità, alle contingenze, elementi tutti che ne determinano il comportamento. Lo sciupafemmine tirchio che dice all’amico, lasciato dall’unica donna della sua vita, “dai non ci pensare, chiusa una porta si apre un portone”: non sarà capito o forse non sarà neanche ascoltato. Lo stesso accade se è quest’ultimo a dire al primo “dai non pensare alla perdita del portafoglio; hai tanti di quei soldi!” Altri esempi esplicativi: A ha un patrimonio di 100 ma problemi congiunturali gli fanno perdere 150. B ha un patrimonio di 300 ma analoghi problemi gli determinano perdite per 200. Vista dall’esterno appare più grave la situazione di A. Quindi, se B critica A ritenendolo non avere titolo a lamentarsi visto che lui ha perso di più, dimostra tutto il suo essere ego2; se invece A prova a confortare B dà prova di sensibilità, di essere un ego1, di essere un grande. Aggiungo: se B si stupisce, ma poi capisce l’atteggiamento di A, alla fine lo apprezzerà, se al contrario mantiene la propria critica conferma oltre ogni dubbio di essere re di infantilismo, un ego2 doc. Altro esempio: A e B, sempre a parità di altre condizioni, subiscono un dolore fisico; pur se A ha più titolo a lamentarsi perché il suo dolore è effettivamente più intenso, potrebbe accadere che a lamentarsi sia B se per esempio per lui è la prima volta (quindi al dolore si somma la paura che si innesca di fronte a ciò che non si conosce) o semplicemente perché ha una sensibilità dolorifica superiore ad A. E’ negativo che A prenda in giro B. Anche se non si capisce ma si vuole essere veramente d’aiuto, è preferibile confortare.
Ovviamente il principio non è applicabile ai gusti personali: quelli sono inviolabili, non negoziabili. Ci si può stupire quanto si vuole sui gusti degli altri, ma questi fanno parte della diversità umana che ci distingue dagli automi. Aggiungo, per quanto riguarda me e chi si ritrova in una simile “sfortunata” situazione, di avere cioè particolari esigenze in molti campi, non solo artistici, la qual cosa non di rado può innescare forme di invidia verso chi è interessato alla scoperta di tutto e riesce ad apprezzare…tutto senza pretese né problemi.
Il tema può collegarsi anche agli argomenti “Riflessioni” , “Predisposizione alle malattie” laddove si accenna alla scala del dolore, e “Rispetto”. Buonsenso e sensibilità suggerirebbero invece, prima di giudicare, criticare, suggerire, di rispettare il seguente principio fondamentale: Nei consigli da regalare agli amici: a parità di altre condizioni, come ad esempio età, sensibilità e scala algometrica, esprimiamoci solo se possiamo vantare una situazione personale, pregressa o attuale, simile o svantaggiata rispetto a quella dell‘amico. Nella critica: le variabili in gioco sono così numerose ( scala algometrica, età, contesto, sensibilità, ego, intelligenza, cultura, scala delle priorità personali ecc. ) che solo un potente computer che elabori un raffinato algoritmo ci potrebbe fornire in tempo reale l’ok a farla… cioè mai!
Ricordo che si sta dissertando sulla critica di tutti i giorni tra very normal people, diversamente ognuno ha il diritto ed il dovere di critica su tutti i comportamenti che nuocciano alla comunità.
Invito ad immaginare situazioni o a pensare a tutte quelle vissute per convincersi della reale importanza e perenne attualità del chi la vuole cotta e chi la vuole cruda.
Per quanto esposto l’ovvia conclusione è che: se farlo ci diverte o ci rilassa o ci ricarica di nuova stima giudichiamo finché ci piace; se invece vogliamo essere propositivi facciamolo solo se siamo capaci di capire di essere in grado di farlo ed a ragion veduta. Purtroppo non tutti disponiamo di auto critica e di auto controllo! Ed oggi, con i social, il problema è esponenzialmente elevato .
I social meritano un’attenzione in più. Personalmente li paragono all’atomica: entrambi rappresentativi dell’evoluzione del genio umano, entrambi produttori di effetti benefici o nefasti. Gli effetti positivi sono risaputi, un poco meno lo sono quelli negativi. Tentiamo di rammentarne un paio. I social hanno soppiantato le forme di pubblicità e le tecniche del marketing tradizionali con tecniche più raffinate e quindi insidiose; merito questo di approfonditi studi la cui attuazione è affidata ai così detti influencers o youtubers. Ma le tecniche di persuasione non si limitano ai prodotti commerciali, cosa di per se dannosa, va ben oltre estendendosi alle attività professionali, a quelle artigianali ecc. fino ad arrivare alla politica, tal che un giorno ci troveremo a votare per qualcuno che neanche conosciamo ma che, sul web, viene presentato come il top. Un altro elemento non meno negativo è la possibilità a chiunque di dire la propria, come è normale e giusto sotto le regole democratiche: la differenza con il mondo reale è che, se non vogliamo imbatterci in problemi di sicurezza, eviteremo di frequentare quartieri malfamati; se non desideriamo proprio sentire stronzate o ricevere provocazioni eviteremo i luoghi pubblici famigerati. Sul web? Scordiamocelo. Chi vi è incappato si è presto reso conto di quanta ignoranza, presunzione, arroganza, stupidità ecc., prima sconosciute perché circoscritte nei propri ambiti, si siano riversate sul web ad opera di tanti goduriosi inconsapevoli portatori sani(?) passati così dall’irrilevanza sociale e culturale a guru, a imam del Nulla Assoluto. La loro rieducazione? Roba da masochisti o da sostenitori del donchisciottismo.
La concezione del social era probabilmente, e ingenuamente o cristianamente, venuta agli ideatori con l’intento di avvicinare i popoli di questo mondo, divenuto ogni giorno più grande e sfuggente, semplicemente mettendo in vetrina proprio tutto della propria vita, interessi, amori, amicizie ecc. come nei reality, cosi da conseguire il sospirato superiore obbiettivo del volemese bene tutti! Pia illusione. Per stessa ammissione degli stessi ideatori!
Mi pare appropriato “calare” dentro il presente argomento anche la critica da presunzione, così da me coniata e riguardante la sufficienza indossata da tutti coloro che sono a ragione, o si ritengono a torto, colti su un argomento e rivolta ai non colti. Mi spiego con degli esempi.
C’è una parte politica che da tempo si è appropriata della cultura, ritiene cioè, forse sulla base di tanti letterati ideologizzati anche del passato, di essere depositaria dell’istruzione, dell’erudizione, del sapere. Conseguentemente gran parte dei suoi adepti o quantomeno l’elite viaggia costantemente “sollevata” da terra. I miei rilievi nel merito sono: 1) il termine cultura (così come l’intelligenza e in genere la superiorità) è troppo vasto e vago perché il suo aggettivo -colto- ed ancor meno l’appellativo di “grande” o “superiore” sia attribuibile a qualcuno: specialmente oggi è impensabile che una persona sia un Leonardo, un mostro di sapere in tutti i campi dello scibile umano, perciò la sua ostentata sufficienza per me rimane ingiustificata, dimostra solo boria e mi fa sorridere. Uno Sgarbi sarà un “mostro” nell’arte, ma forse un “sottosviluppato” nelle lingue, in fisica, in una miriade di altri campi; 2) il colto di turno, diciamo in letteratura o filosofia o psicologia ecc., sbaglia quando, ritenendosi depositario delle verità assolute, ascolta con sorriso ironico l’esternazione del “non colto” ancor più se si tratta di avversario politico; 3) il colto infine deve avere la fortuna di possedere memoria elefantiaca per tenere a mente il suo sapere, sciorinandolo al momento opportuno, ma potrà oggettivamente essere meno colto di chi lo è effettivamente ma privo di analoga fortuna. In conclusione giustifico la sufficienza indossata da certi “colti” meno di quella di tanti ignoranti.
C’è una parte politica, e non solo, ma sempre della serie del politicamente corretto, che, schiava della galoppante ideologia progressista volta alla conquista di chissà quale civiltà, si ritiene elite e sembra abbia conseguito la laurea su un nuovo indirizzo universitario, una neo lingua, con cui si acquisisce la perfetta definizione di persone e cose, di cosa si possa dire e cosa no sui diversi, sulle minoranze ecc, al fine di non arrecare loro alcun patema d’animo, di non disturbarne la sensibilità, anzi di metterli a loro agio anche rinunciando a qualcosa di proprio. Insomma un’acquisizione di progressismo ipocrita, di presunta superiorità antropologica. In un museo di Amsterdam sembra che abbiano deciso di cambiare il nome sui quadri recanti la parola “negro” perché discriminatoria. A Konrad Lorenz sembra che un’università abbia revocato post mortem la laurea honoris causa, assegnatagli a suo tempo, per il suo passato nazista! Alcuni sommi letterati del passato avrebbero d’incanto perduto valore e celebrità perché i nuovi inquisitori, cresciuti negli ultimi tempi come funghi in ambito letterario e artistico, nella loro dotta indagine revisionistica delle opere dei citati personaggi, ne hanno rilevato irriverenze verso le attualissime tendenze su genere, minoranze, migranti, sesso, disabili, ebrei, neri, omosex ecc. Ora è chiaro, a chiunque disponga di un cervello normale, che la grandezza di un Leonardo, un Dante, uno Shakespeare ecc. rimane immutata quale che siano stati gli aspetti fisici o i comportamenti o le idee dei protagonisti, grandezza che non può svanire certo perché qualcuno, insignificante rispetto ai sommi, si permette di giudicare. Solo loro non rimangono basiti! E’ una evidente offesa all’intelligenza ma, alla stessa stregua di come tanti politici tengono i discorsi, ritengo che lor signori non vogliano offendere nessuno ma piuttosto ritengano minus habens chi li ascolta.
Invito, per sorridere un pò, alla lettura dell’articolo del giornalista Renato Besana riportato sul sito https://www.pressreader.com/italy/libero/20160909/281530815472206 .
Cala a fagiolo anche uno dei più espressivi aforismi di Stanislaw Lec “Rifletti prima di pensare”.
Anche una rilettura dell’argomento “Buonismo” è indicata.
v. LIBRO
In generale la delusione è quello stato d’animo che si vive perché una situazione non si è verificata come ci si aspettava o una persona non si è svelata come si credeva. Ma la nostra mente aveva programmato con correttezza i parametri di partenza? Ciò che si intende dire è che occorre rivedere nei dettagli tutto l’insieme di considerazioni e comportamenti prima di sentirsi delusi, spesso infatti siamo noi stessi ad avere inizialmente sopravvalutato o sottostimato qualcuno o qualcosa. Se rifletto serenamente su alcuni momenti di vita vissuta, catalogati nell’album delle delusioni o amarezze (si fa per dire), e li andassi a scandagliare uno per uno, probabilmente l’album si svuoterebbe per una buona metà, una volta individuati obbiettivamente (cosa notoriamente non da tutti) gli errori di valutazione da me commessi al principio. Quanti errori evitabili !
Non è insolito imbattersi in persone con un’idea distorta, o quantomeno vaga del termine. Dignità potrebbe definirsi come lo stato d’animo che si ha circa il valore interiore, componente morale compresa, che ciascuno si autoassegna; trattandosi di autovalutazione, per il primo principio, ne consegue che il più delle volte essa è sovrastimata. Ha grande dignità chi, ricco e rispettato, perde ogni bene ed è costretto a rimboccarsi le maniche, che fa i mestieri più umili pur di guadagnarsi da vivere per la sua famiglia e per se stesso; chi, ha rilevanza pubblica e, a fronte di sue evidenti o solo sospette responsabilità, ritiene di dare le dimissioni; chi affronta la morte a viso aperto, da eroe. Non ne ha al contrario, colui che nelle medesime condizioni ritiene di perdere la faccia di fronte ad amici e parenti facendo lavori modesti; chi, pur di non perdere la poltrona, non ci pensa nemmeno a dimettersi; chi agisce alla don Abbondio per cui se uno il coraggio non ce l’ha, mica se lo può dare.
Ad ognuno il suo egoismo.