Si vis pacem para bellum (se vuoi la pace prepara la guerra) è una locuzione tratta da un’opera latina che, in sostanza, sostiene la tesi di un’inevitabile armamento di singolo o di stati come deterrente ai conflitti con terzi. Non si può non condividere l’idea di pace fornita dallo Spinoza quando dichiara che “ la pace non è assenza di guerra: è una virtù, uno stato d’animo, una disposizione alla benevolenza, alla fiducia, alla giustizia”. Su questa opinione si è certi di essere in buona compagnia di tantissimi altri “fanatici” della pace esistenti in ogni angolo della terra.
L’intelligenza è valutata da alcuni studiosi come geneticamente determinata, da altri invece come condizionata dall’ambiente, nella sua più ampia accezione. Si è concordi con la prima ipotesi anche se convinti che la stessa, entro certi limiti, possa essere esercitata al suo sviluppo. Se, per esemplificare, distinguiamo solo tre livelli di intelligenza, bassa(I1),media(I2),alta(I3), la logica porterebbe a pensare, né credo esistano prove che confutino tale tesi, che: a) un individuo nato con un dato livello intellettivo e cresciuto nelle condizioni più ostili (senza educazione familiare né studi e lontano dalla civiltà), idoneamente educato potrà recuperare e raggiungere il massimo ammissibile del suo livello, quello cioè che avrebbe espresso se cresciuto in ambiente ottimale; b) un individuo di un determinato livello e cresciuto in condizioni ottimali potrà anche superare l’individuo di livello superiore cresciuto in condizioni opposte. A maggior ragione si dovrebbe pensare lo stesso per due gemelli monozigoti o no. Come per l’egoismo anche per l’intelligenza, costituzione genetica ed ambiente sono coprotagonisti.
A pari merito dell’odio e della vendetta, reputo l’invidia il sentimento anti nobiltà per eccellenza, perciò è stato estrapolato dal capitolo “piccolezze umane”. Ma, nel rispetto del primo principio della vita (vedi Egoismo), il fatto che lo si nutri ed alimenti non può che certificare una forma di soddisfacimento del proprio io nella maggior parte di noi. Tale vile sentire è così diffuso tra gli esseri umani che non si percepisce più come tale. Non ci si stupisce più di tanto di casi di invidia riguardanti non solo il potere economico, che rimane incontrastato al primo posto, ma anche il potere come quello politico o quello finanziario, l’eccellenza nei più svariati campi, l’intelligenza, la cultura, la bellezza, la prestanza fisica ecc. Sull’argomento sono diffusi i discorsi più disparati e dispersivi, utili solo ad ingannare il tempo con gli amici ; tutti accompagnati spesso dalle considerazioni su cosa si farebbe a posto del “fortunato” di turno: “guarda quello là, con tutto il denaro che possiede, è di un’avarizia infinita, gira su un’auto di trent’anni fa” oppure ” quello sarà bello però si veste come uno straccione, non ha stile, sembra un villico” e altre “amenità” del genere volti a valorizzare il proprio ego.
Come detto l’elemento più invidiato è certamente il denaro. Tutti conoscono l’importanza del denaro, ma non tutti sono consapevoli che possedere il denaro non equivale a possedere né il benessere né la felicità. Il valore di un uomo non si desume dal suo patrimonio: è più semplicemente la sommatoria di tutte le sue doti, il patrimonio può essere solo un gustoso contorno. Non v’è dubbio infatti che una persona ricca, ma resa infelice da un handicap, pagherebbe qualsiasi somma pur di diventare normale; se fosse repellente lo farebbe per beneficiare di un viso umano o affascinante; se soggetta a malattie che le condizionano l’esistenza per una sempre sana; se stupidissima e ignorantissima, ove capace di intendere e decidere, per una diametralmente opposta; se sottodotata e dall’orgasmo flash per una normo o superdotata e resistente ecc. Ma le doti non si possono né comprare né rubare, i soldi si possono fare e si possono rubare! Ecco svelata la ragione dell’importanza assegnata al denaro.
Tuttavia, per rispetto al primo principio sull’egoismo, l’invidioso tenderà spesso a stemperare questo sublime sentimento con considerazioni antalgiche del genere “preferisco rimanere come sono piuttosto che avere la faccia (o il corpo o l’ignoranza o la stupidità) di quello”.
Preso atto della indiscussa centralità di tale elemento nella vita degli esseri umani, delle differenze anche sostanziali circa il valore che ognuno di noi gli assegna e l’uso a cui lo destina, se non sacro ed inviolabile, parrebbe logico a mente logica, per rimanere sull’invidia al denaro, il rispetto della proprietà. Ci sarà sempre chi muore su una montagna di denaro forse guadagnato onestamente o forse rubato, denaro che finirà allo stato, alla chiesa, a chi arriva prima o andrà perduto; chi muore povero in canna per avere dilapidato una fortuna; chi nasce e muore povero; chi vive per fare soldi, chi fa soldi per vivere; chi si gode la vita a modo suo. Va bene così perché si rispetterebbe un principio. Invece no, su questo non sono d’accordo né i ladri di professione né il ladro travestito: lo Stato, che decide motu proprio quanto sottrarre a ciascuno e la destinazione del bottino! Personalmente, da non ricco, ho la fortuna di non nutrire invidia per i ricchi. Li considero al contrario un bene per la società: sono (o dovrebbero essere) di esempio e di incentivo ai meno abbienti, contribuiscono sostanzialmente alla crescita economica, creano posti di lavoro e quindi benessere. Se i ricchi si permettono determinati lussi come jet privati, panfili, case sontuose ecc. non fanno che aiutare l’economia, la cui filiera termina con i lavoratori! E’ lapalissiano; tuttavia questo superiore sentimento e l’idea dello stato comunista blocca ogni ragione. Che poi tra i ricchi ci sia chi evade, chi specula, chi imbroglia non c’ è da meravigliarsi; siamo tutti così sicuri di cosa faremmo noi al loro posto?
Ma guardiamola sotto un altro punto di vista: quello della giustizia, sia umana sia sovraumana o divina. Di quella umana sappiamo tutto: davanti all’evidenza delle continue disuguaglianze cui quotidianamente assistiamo o di cui veniamo a conoscenza, la giustizia la percepiamo talmente sporadica da colpevolizzarci spesso come illusi. Se così non fosse non faremmo salti di gioia quelle volte che la incontriamo, mentre, con l’aiuto dell’invidia, è come se sperassimo di riequilibrare le differenze, le diseguaglianze, le prevaricazioni ecc. Di quella divina possiamo dire che idealmente sarebbe giusto che fossimo ricchi, intelligenti, belli, sani e forti, coraggiosi, famosi, colti ecc. quanto almeno quelli oggetto della nostra attenzione: regola che dovrebbe valere per tutti; che sarebbe giusto non accadessero eventi distruttivi indipendenti dall’uomo come terremoti, uragani ecc.
Chi può vantarsi di non essere mai stato invidioso dell’amico o conoscente o personaggio pubblico più bello o più prestante o più ricco o più altolocato?
Da essere umano ho nutrito anch’io le mie invidie, naturalmente variabili con l’età ma, tutto sommato, modeste ed innocenti: -possedere una voce tanto suadente quanto stentorea, utile per meglio esprimere e/o trasmettere le mie idee in particolare nel campo professionale ed indispensabile supporto alla passione per la musica, e quante volte è stato… umano dire sospirando tra me e me “che peccato” , per esempio di fronte a persone dotate di bella voce, ma inservibile alle loro attività (spesso anche totalmente stonate) o peggio utilizzata ad alto volume per volgarità o stupidità; -disporre di superiore perseveranza per il raggiungimento di obbiettivi come l’apprendimento delle lingue o disporre di migliore memoria, e quante volte prendere atto del loro possesso da parte di chi non aveva utilità nè interesse a conoscere più lingue o a tenere a mente grandi quantità di nozioni e/o informazioni.
Eppure non essere invidiosi da diritto ad essere fieri! Le volte che dovesse accadere, l’oggetto non sia il denaro né la notorietà né le doti esteriori, bando quindi all’invidia nei confronti di chi possiede di più, auspicata invece verso chi sia più tollerante o più forte interiormente o più intelligente o più coraggioso di noi: sia concessa insomma nella misura in cui sia di stimolo al miglioramento e ci faccia progredire, oppure provi un’invidia innocente, per rimanere in tema, individuabile come ego1 o ego4 (vedi cap. sull’egoismo). L’ego1 ad esempio non invidia lo straricco per avere modo di volare col jet privato a Dubai per la colazione e quindi completare la giornata presenziando ad una cena in costa smeralda, ma piuttosto per voler essere protagonista di iniziative filantropiche. L’ego4 non desidera ricchezze materiali ma maggiori opportunità per il suo benessere: invidierà ad esempio chi ha voce, udito, vista in abbondanza da poterne donare parte a lui che ne necessita per lavoro o per poter godere di una lettura o un’opera d’arte ecc.
Nel calderone SCHERZI DEL DESTINO ognuno di noi è autorizzato ad inserire tutto ciò che ritiene ne debba far parte: dal venale ” è giusto che io giovane e intelligente non ho niente e quello là grasso, vecchio e zotico ha la ferrari e quella strafighetta accanto?” al più impegnativo ” è giusto che io sensibile, altruista e generoso non ho niente e non posso fare tanto per gli altri e quello insensibile, egoista e ricco ma avaro non fa niente neanche per la madre?” al più profondo” è giusto che io onesto, religioso e rispettoso di tutti e delle leggi debba subire le pene dell’inferno per malattie invalidanti e sono pure perseguitato ingiustamente dal fisco e quel delinquente abituale e che vive alle spalle di pantalone non sia mai entrato in ospedale?”. E ancora” Perché tante ingiustizie sulla terra? Guerre, violenze, povertà le digeriamo perché quasi sempre colpa dell’uomo, ma soprattutto, perché le calamità naturali? Una per tutte perché Haiti, che annovera una popolazione di cui l’80% è sotto la soglia di povertà, ha subito nel 2004 un uragano e nel 2010 un terremoto devastanti? Ma è bene fermarci qui; procedendo oltre si entra nel campo dell’inspiegabile, dell’imponderabile, di tutti gli infiniti perché a cui non essendo umanamente possibile rispondere basandosi sulla giustizia e sulla logica, unici elementi razionali disponibili, ci si deve aiutare con la religione, sola risorsa a cui l’uomo che si accontenta è costretto a fare ricorso.
L’invidioso è egoista quando trova ingiusto che altri possiedano ciò che a lui non è dato avere; quando ha la convinzione di essere più meritevole e che lui avrebbe fatto di tutto e di più.
L’invidioso è il classico egoista 2 allorché considera giusto, più che normale, il mal comune mezzo gaudio, cioè meglio tutti poveri che qualche ricco e qualche povero ecc.
Esiste una invidia positiva ? Certo, quella che scatta quando il sentimento innesca nel cervello una specie di reazione positiva, uno stimolo alla competizione tale da sovvertire la iniziale inerzia, critica sterile e desiderio di conformismo ed egualitarismo.
Chi non prova invidia è pervaso indubbiamente da sentimenti superiori, ma è anch’egli egoista per lo stato di superiorità nel quale si sente collocato.
Vorrei chiudere l’argomento con una vecchia storiella, che in parte richiama l’invidia.
(S) Ai tempi dell’avv. Agnelli, alla Fiat lavorava un operario, che si distingueva nettamente dagli altri per il modo di vestire ma, soprattutto, perché non nascondeva il suo amore per ferrari e porsche con le quali spesso arrivava in fabbrica. Tanto si mormorava di lui che un giorno la notizia giunse alle orecchie dell’avvocato, il quale, costatato di persona il fatto, curioso, lo fece chiamare nei suoi uffici; si complimentò con lui e poi gli chiese come potesse permettersi quei lussi. L’operaio rispose. “Avvocato sa, a me piace scommettere con amici su tante cose e quasi sempre vinco; anzi, se posso permettermi, scommetterei che lei soffre di emorroidi”. Agnelli, sicuro dei fatti suoi, gli disse che si sbagliava, allora l’operaio rilanciò dicendo: “allora se vuole possiamo scommettere anche 20 milioni , può chiamare il suo medico e se lui certifica che non li ha io le do 20 milioni”. L’avvocato, provocato, ma, allo stesso tempo divertito, fece immediatamente chiamare un medico, che lo sottopose al sondaggio necessario da cui non risultò l’esistenza di emorroidi. A questo punto l’operaio, apparentemente contrariato, chiese all’avvocato di volere verificare personalmente e Agnelli, a quel punto, non poté che concederglielo. Alla fine del secondo esame l’operaio diede ragione all’avvocato e gli firmò un assegno per la somma pattuita. Agnelli allora gli chiese: “ Ed ora che hai perso, come recuperi la somma?” “Vede avvocato non è un problema per me perchè avevo già scommesso 30 milioni con amici che sarei riuscito a mettergli un dito in culo!”
Per il motivo, certo non marginale, di interessare punti particolarmente sensibili della vita dell’uomo, come la salute e la libertà e quindi il nostro futuro, viene spontaneo considerare particolarmente nobile l’attività degli operatori della sanità, così come di quelli della magistratura. E’ impossibile che qualcuno si auguri di imbattersi, nell’arco della sua esistenza, in medici superficiali o impreparati che contravvengano alla dottrina ippocratica e non operino in modo umano e nel pieno rispetto delle regole. Non dispiace ripetere in talune occasioni una banalità: è meglio non avere mai a che fare con medici, giudici ed avvocati: in caso contrario significa avere problemi di salute o giudiziari! Non si conosce nessuno che sia stato baciato da questa fortuna, tuttavia si è certi che, oltre agli eremiti ed a pochi “prescelti”, è possibile trovarne tra la gente che per scelta di vita o per necessità, vive nella modestia, nella semplicità, nella solitudine e…nella fortuna.
Moglie tipo
L’argomento è stato volutamente estrapolato da quello relativo alla coppia perché, traendo spunto da situazioni personali, afferisce più al rapporto uomo donna e potrebbe fornire qualche contributo. (P)Mi sento fortunato se penso di avere una moglie che, dopo tanti anni, ancora non sa resistere ai miei baci; e questo non perché tra le labbra tengo sempre un pezzo di snickers o una frutta secca. Mi indispongo quando, come quella volta, prima di uscire per andare a cena, mi diedi uno sguardo di controllo alla specchio per controllare se mi mancassero le scarpe o altro e le chiesi: “Tesò, alla mia età non ti sembro ancora come un sole raggiante?”, mi rispose così dopo un millesimo di secondo: “Non ti sento tesò, hai detto stella cadente?” Lei è fatta così. Ché poi al ristorante ne ha sparata un’altra delle sue: c’era una partita di calcio in tv, le chiesi scherzando: “ cosa conosci oltre il calcio giocato e il calcio scommesse?” e lei repentina: “ il calcio struzzo”.