dignità
Non è insolito imbattersi in persone con un’idea distorta, o quantomeno vaga del termine. Dignità potrebbe definirsi come lo stato d’animo che si ha circa il valore interiore, componente morale compresa, che ciascuno si autoassegna; trattandosi di autovalutazione, per il primo principio, ne consegue che il più delle volte essa è sovrastimata. Ha grande dignità chi, ricco e rispettato, perde ogni bene ed è costretto a rimboccarsi le maniche, che fa i mestieri più umili pur di guadagnarsi da vivere per la sua famiglia e per se stesso; chi, ha rilevanza pubblica e, a fronte di sue evidenti o solo sospette responsabilità, ritiene di dare le dimissioni; chi affronta la morte a viso aperto, da eroe. Non ne ha al contrario, colui che nelle medesime condizioni ritiene di perdere la faccia di fronte ad amici e parenti facendo lavori modesti; chi, pur di non perdere la poltrona, non ci pensa nemmeno a dimettersi; chi agisce alla don Abbondio per cui se uno il coraggio non ce l’ha, mica se lo può dare.
Ad ognuno il suo egoismo.
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